“Abbiamo avuto una conversazione molto cordiale con il Santo Padre. È molto chiaro che Papa Francesco è preoccupato dall’euroscetticismo. Preoccupato per le prossime elezioni europee. Sa e afferma che l’Unione europea è per il bene comune e deve giocare un ruolo nel mondo che non può essere rimpiazzato. E ci ha incoraggiato a lavorare con tutte le nostre forze affinché l’Unione europea possa essere un successo”. Dunque l’euroscetticismo. Va dritto al problema mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, la Commissione degli episcopati dell’Unione europea, nel parlare con il Sir dell’incontro avuto oggi con Papa Francesco, insieme a tutta la presidenza della Comece. La delegazione comprendeva anche i vicepresidenti mons. Noel Treanor (Irlanda), mons. Mariano Crociata (Italia), mons. Jan Vokal (Repubblica Ceca), e il segretario dell’organismo europeo, padre Olivier Poquillon. Oltre all’incontro con il Santo Padre, il gruppo ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, il cardinale Peter Turkson, prefetto del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, e l’ambasciatore Jan Tombiński, capo della delegazione dell’Unione europea presso la Santa Sede. Sono passati sei mesi da quando nell’ottobre 2017 si è svolts proprio qui, in Vaticano, la conferenza di dialogo “(Re)thinking Europe”, che ha riunito rappresentanti di alto livello dell’Unione europea e della Chiesa.
Perché il Papa tiene così tanto all’Europa quando gli stessi europei non amano più l’Unione europea?
Non sono sicuro che non la amano più. Riversano piuttosto sull’Unione europea il loro scontento. Quando ci sono cose che non vanno nei singoli Paesi, si dà la colpa all’Unione. Temo che le persone non si rendano conto di che cosa sarebbero i loro Paesi senza l’Unione europea. Prendiamo l’Italia. Immaginiamo un’Italia che esce dall’Unione europea e dalla zona Euro. Sarebbe uno sfacelo. Il vantaggio che ne guadagnerebbe, sarebbe di brevissimo termine perché se l’Italia introducesse di nuovo la lira si ritroverebbe con una moneta molto bassa e debole, e andrebbe incontro ad una forte instabilità.
Le cose andrebbero molto peggio.
Gli uomini politici che cavalcano simili proposte, devono essere onesti e dire che non è l’Europa a creare problemi. Viviamo in una congiuntura storica complessa in cui molti dei problemi sono creati dall’avvento di un nuovo capitalismo globale. Ci sono ingiustizie nuove che emergono. Persone che diventano sempre più ricche ed altre sempre più povere. È troppo facile dire che questi problemi sono causati dall’Unione europea. Sono piuttosto problemi che richiedono agli uomini politici, di Italia e di altri Paesi, di rimettere al centro della loro politica la persona umana, di fare della politica un servizio all’uomo e orientare la loro azione sulla base delle preoccupazioni che sono al cuore delle persone. Se c’è uno scontento, penso sia per una certa casta politica più che per l’Unione europea.
Non crede però che l’Unione europea abbia delle responsabilità.
Certo, non tutto funziona bene. Ed è bene criticare. Idealizzare l’Ue sarebbe un grande errore. All’Ue occorre innanzitutto una cosa: ricentrarsi sul consensus. So che i Paesi del Centro e dell’Est europeo temono la linea franco-tedesca. Vogliono che si discuta tutti insieme e che ogni voce sia presa in considerazione. Che non siano solo i Paesi più economicamente forti a determinare le politiche europee ma che si capisca tutti insieme ciò che può far avanzare l’Europa.
Che cosa vorrebbe dire agli italiani che in questo turbolento momento politico del nostro Paese, dicono “gli italiani prima”?
Veramente, tutti stanno dicendo la stessa cosa, non solo gli italiani. Direi, comunque sia, che abbiamo bisogno dell’Italia. Senza l’Italia, l’Europa mancherebbe di qualcosa. Abbiamo bisogno di voi. Forse l’Europa ha trascurato l’Italia ma non si può dare tutta la colpa all’Europa. Ripeto: io sono pienamente europeo solo se l’Italia fa parte dell’Unione europea, altrimenti la mia identità europea sarebbe monca.
Va bene protestare ma le proteste non devono mettere in pericolo il futuro. E non è solo l’avvenire dell’Ue a essere messo in pericolo, è l’avvenire stesso dell’Italia.
Qual è il vostro appello per le elezioni europee del 2019?
Innanzitutto, vorrei lanciare un appello a tutti i cittadini europei affinché vadano a votare perché abbiamo bisogno di istituzioni europee democraticamente legittimate e questo chiede a tutti di esercitare la propria responsabilità politica. Questa è la prima e la più importante cosa. È chiaro che i gruppi euroscettici sono molto forti ma dobbiamo vedere quanto lo sono realmente. Ad ogni modo,
dobbiamo anche chiedere a tutti gli uomini politici, di tutta l’Europa, di farsi carico e prendere in considerazione lo scontento dei cittadini.
Non per ripetere le parole dei partiti populisti ma per guardare in faccia dove e perché le persone stanno male. In cosa non sono più d’accordo, quali sono le loro preoccupazioni. E chiedersi, come si può ridonare speranza? Penso che sia questa la riflessione importante da fare in questo anno che precede le elezioni europee. Il Papa, per esempio, insiste moltissimo sui giovani. L’Europa è un continente vecchio dove i giovani sono una minoranza e dove questi giovani avvertono e vivono il loro futuro come una minaccia. Dunque, bisogna fare qualcosa. Noi, come vescovi e come Chiesa, faremo il nostro meglio per essere al servizio delle persone che abitano in Europa
Perché il Papa crede così tanto nell’Europa?
Il Papa ha la preoccupazione per le persone semplici, le persone più povere. E sa che l’Unione europea può migliorare la loro sorte. Sa che l’Unione può avere dei buoni effetti sui conflitti internazionali. Anche se siamo criticati perché facciamo poco e possiamo fare di più. Ad ogni modo
senza l’Unione europea, la pace sarà sempre in pericolo.
Come in pericolo sarebbe il benessere delle persone e il futuro dei giovani. È sempre meglio un’Unione europea, certamente non perfetta, che un’Europa senza Unione.