È stata celebrata domenica 9 agosto a Rieti, nella grande chiesa di piazza Beata Colomba e con il supporto della Corale Aurora Salutis, la ricorrenza liturgica di San Domenico di Guzman. «A Rieti abbiamo ricominciato a celebrare solennemente la festa di San Domenico nel 1996 in Cattedrale» ha spiegato mons. Luigi Bardotti, parroco di Santa Lucia, nell’omelia. «Da allora non abbiamo più smesso».
San Domenico nacque a Caleruega in Spagna nel 1170. Ed essendo difficile parlare di lui «perché la sua vita è piena» il sacerdote ha tratteggiato un veloce ritratto selezionato alcuni episodi particolari.
I poveri
Ad esempio l’occasione in cui vende il suoi libri per aiutare i poveri: «non voglio studiare su pelli morte quando la gente muore di fame» diceva Domenico. A quel tempo – ha ricordato mons. Bardotti – avere dei libri era una grossa ricchezza. Ma per il santo è impossibile trattenere la Bibbia mentre i fratelli sono nel disagio: «essa cesserebbe di essere per me parola di vita. Diventerebbe parola morta. Un semplice pezzo di carta scritta».
Canto e preghiera
Un altro aspetto colto da mons. Bardotti è quello che in Domenico lega preghiera e musica: «considerava la sua preghiera un canto» ha spiegato, aggiungendo un particolare della storia locale: «Dietro l’organo Dom Bedos c’era il coro. Non so se lo sapete, ma il coro di San Domenico venne smontato nel 1940 e rimontato nella Sala Consiliare del Comune di Rieti. Quei posti sarebbero dei monaci di San Domenico». E poi ancora un dettaglio dai lavori di recupero dell’edificio: «ho trovato disegnato sul muro, non so perché, delle note di canto gregoriano. Si vede che non potevano scriverle altrove!»
Lo studio
«San Domenico aggiunge per i suoi monaci – al contrario di San Francesco – lo studio. Quand’è che lo decide? Una notte – racconta ancora don Luigi – si ferma in una locanda ed il padrone della locanda parla con Domenico tutta la notte. Capisce che l’umanità ha bisogno di un pane di vita, di quella vita che è la parola di Dio. Ma non può essere un parola improvvisata: ci vuole lo studio. San Domenico porta i suoi frati al cuore cultura, nelle università, anche se definì se stesso umile ministro per la predicazione. Ma Dante Alighieri nel dodicesimo canto del paradiso riconosce a San Domenico gli aggettivi di Apostolo e di Agricoltore».
La Madonna e il Rosario
«Vorrei richiamare ancora la particolare devozione di san Domenico alla Madonna» ha proseguito mons. Bardotti. «Il Rosario che viene recitato ancora oggi, quello che la Madonna ha raccomandato a Lourdes, a Fatina e nelle altre apparizioni, questo modo di pregare, lo ha organizzato san Domenico: come preghiera semplice per chi non sa né leggere, né scrivere, ma anche come preghiera di riflessione sulla Parola di Dio con i suoi misteri. Per tutti ha inventato la preghiera del Rosario».
Morte e canonizzazione
San Domenico morì a Bologna. Quando fu vicino alla fine, Si sentì male e «vedendo i suoi frati piangere disse loro: “vi sarò più utile da morto che da vivo”. Morì il 6 agosto del 1221 poco più che cinquantenne e venne canonizzato nella Cattedrale di Rieti nel 1234».
La vera ricchezza
«Fratelli carissimi – ha concluso don Luigi – noi abbiamo la capacità di perdere la memoria dei tesori che Dio ci ha dato. Cerchiamo di ritrovarli. Abbiamo perso la memoria della Beata Colomba, una ragazza meravigliosa che i reatini hanno dimenticato. La nostra ricchezza non è l’industria, non sono le banche. Sì, sono anche questo, ma la nostra vera ricchezza è la nostra storia, di cui dobbiamo essere un pizzico orgogliosi. Che Domenico diventi per noi “Aurora Salutis”, aurora di salvezza. Lo feci scrivere in latino sulla medaglia ricordo per la riapertura di questa chiesa di San Domenico: “In un tempo di persone sazie di cose materiali, tu sei “Aurora di Salvezza”».