A Mezzogiorno: quella classifica fa male…

…ma è lo specchio della realtà di un Sud che non fa i conti con se stesso.

Tenore di vita, affari e lavoro, servizi, ambiente e salute, popolazione, reati e tempo libero. In base a questi parametri, le province del Sud sono surclassate da quelle del Nord. Fa sempre discutere la classifica, giunta alla 25ma edizione, che ogni anno – di questi tempi – stila il “Sole 24 Ore” sulla qualità della vita ed anche quest’anno le polemiche non sono mancate, soprattutto sui criteri adottati. In realtà, i criteri valgono per tutti. Sono standard e i “polemisti” – che si meravigliano – farebbero bene, a nostro avviso, a guardare in faccia la realtà.

Quella di un Sud che si “salva” solo con le province sarde: Olbia-Tempio è 20ma, la prima provincia a livello nazionale, seguita da Sassari (44ma), Nuoro (50ma), Ogliastra (58ma), Cagliari (63ma), Oristano (68ma). Per trovare un’altra provincia del Sud, bisogna arrivare alla 75ma posizione, occupata da Ragusa, seguita da Matera – che pur recentemente è stata nominata capitale europea della cultura per il 2019 – e Carbonia-Iglesias (77ma). Poi, tutto il Sud, dalla 90ma all’ultima posizione, la 107ma, occupata da Agrigento. In questa ultima “fascia”, anche le grandi province meridionali: Bari (91ma), Napoli (96ma), Palermo (95ma), Catania (99ma). I parametri impiegati nell’indagine si riferiscono ai consumi, ai prezzi delle case, ai depositi bancari, agli importi delle pensioni, alle disponibilità di asili, alla sanità, alla infrastrutture, al numero di imprese, all’occupazione femminile, alla criminalità in generale, al numero di abitanti, al numero dei divorzi e delle separazioni, al tasso di migrazione, al numero di stranieri, a quello delle librerie, dei cinema, dei ristoranti e dei bar, della copertura Adsl.

È la vita che se ne va, al Sud, che soprattutto sui “fronti” del lavoro, delle infrastrutture e dell’ambiente, si deve confrontare – si fa per dire – con un Nord certamente più attrezzato ad affrontare il “vento della crisi” che non finisce mai e strutturalmente in grado di offrire un “modello” più vicino ai bisogni della popolazione. Soprattutto nelle realtà più collaudate, come quelle dell’Emilia-Romagna: insieme a Ravenna – inedita vincitrice quest’anno della classifica della qualità, anche se negli anni passati aveva già occupato ottime posizioni – ci sono altre tre province di quella regione tra le prime dieci, ovvero Bologna, Modena e Reggio Emilia. Più in generale, nella prima parte della classifica si segnalano le realtà medio-piccole, soprattutto del Nord-Est, un altro modello da seguire.

C’è chi sostiene, tra coloro che polemizzano con i risultati, che il Sud avrebbe il mare e il sole – tutto da dimostrare, peraltro, considerati i tempi meteorologici che corrono – e non comprende la collocazione agli ultimi posti della classifica delle province meridionali, con le eccezioni che abbiamo detto. Basterebbe promuovere – ci permettiamo di dire – un sondaggio tra i cittadini meridionali e chiedere loro se, recandosi al Nord rimangono stupiti dinanzi a realtà vivibili, dove la persona conserva ancora la sua dignità. Non deve, ad esempio, attendere mesi e mesi per fare un esame in un ospedale o in una clinica convenzionata o misurarsi con la mancanza di asili nido per i propri figli o combattere con i rifiuti, che se non vengono interrati, sommergono spesso le strade delle città o fare i conti con una criminalità affaristico-criminale che governa interi territori. La classifica del “Sole 24 Ore” ha – se vogliamo questo merito: fa riflettere, anche se la riflessione dura lo spazio di un momento. Le cose da fare al Sud si conoscono, ma ci sarà sempre un altro anno di tempo per realizzarle. In attesa della nuova classifica.