A Mezzogiorno: lo Stato faccia il regista

Non può restare pura entità di spesa o di sola regolamentazione dei mercati

Già la Cgia di Mestre, nel 2013, mettendo a confronto alcuni indicatori economici censiti durante gli anni ‘30 e la recessione economica iniziata nel 2007, dichiarò che la crisi economica attuale è peggiore di quella che si verificò durante la Grande Depressione, che dagli Stati Uniti colpì l’intero mondo industrializzato e durò dieci anni.

Oggi, lo stesso paragone lo propone la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), considerando, in particolare, le conseguenze e la durata della crisi per quanto riguarda il Mezzogiorno. Non solo il Sud ha cessato di essere il bacino della crescita demografica del Paese – nel 2013, con un meno 177mila di venuti al mondo, si è toccato il minimo storico dal 1861 e la previsione è una perdita di circa 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni – ma vive un “equilibrio implosivo, che si caratterizza per una crescente perdita di produttività, minore occupazione, fuga dei giovani e di quanti sono più professionalizzati, e, quindi, inevitabilmente, minore benessere”. In 6 anni di recessione, l’economia del Sud è calata del 13,3%, circa il doppio rispetto al resto del Paese (-7,7%). Il divario di sviluppo tra Nord e Sud presenta un differenziale negativo di oltre 43 punti percentuali. L’impatto del crollo dell’occupazione è stato così forte da provocare una caduta dei consumi delle famiglie di quasi 13 punti percentuali, di oltre due volte maggiore di quella registrata nel resto del Paese (-5,7%).

La contrazione dei consumi delle famiglie meridionali è stata e continua ad essere intensa per gli acquisti più facilmente comprimibili, come quelli di vestiario e calzature, ma significativo è stato il ridimensionamento della spesa delle famiglie anche per gli “altri beni e servizi”, voce che comprende servizi per la cura della persona e spese per l’istruzione, che si sono ridotti al Sud tra il 2008 e il 2013 del 16,2%, tre volte in più rispetto al Centro-Nord (-5,4%). La riduzione della spesa per beni alimentari è un dato che più di tutti evidenzia il diffondersi di condizioni di povertà relativa. Enorme è il dato della riduzione degli investimenti: ha assunto una dimensione “epocale” sostiene la Svimez – nell’industria in senso stretto, crollata al Sud nel 2008-2013 addirittura del 53,4%, più che doppia rispetto a quella, assai grave, del Centro-Nord (-24,6). Gli investimenti in opere pubbliche, valgono, nel 2012, poco più di un quinto rispetto a vent’anni fa. La riduzione del Pil risulta per quasi tutte le regioni meridionali – ad eccezione del solo Abruzzo – di entità assai grave: dal -16% in Molise e Basilicata ad un minimo del -13% in Campania e Sardegna. L’occupazione giovanile vive un’”emergenza senza precedenti”: tra il 2008 e il 2013, il tasso di occupazione giovanile è sceso nel 2013 al Sud ad appena il 27,6% e, per le giovani donne, addirittura al 21,6%. Nel Mezzogiorno un terzo degli individui risulta a rischio povertà, con quote ancora più elevate in Campania e Sicilia (rispettivamente, il 36% e il 42%), a fronte del 12,1% nel Centro Nord.

La Svimez propone, per affrontare la situazione, una strategia nazionale basata su una politica attiva di sviluppo, “nell’ambito di un disegno di cui lo Stato divenga responsabile come regista, e non come pura entità di spesa o di sola regolamentazione dei mercati”, insieme ad una “logica di sistema, sia dal punto di vista dei soggetti che dei territori, che richiede investimenti strategici anche a redditività differita e una progettazione a lungo termine”. Nello specifico, le “direttrici” da seguire sarebbero: la rigenerazione urbana; il rilancio delle aree interne; la creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea; la valorizzazione del patrimonio culturale. Un sogno? Franklin Delano Roosevelt, negli anni ‘30, dimostrò con il “New Deal” che i sogni, a volte, si realizzano. Volle anche una legge federale sul teatro per dare sollievo a quegli attori disoccupati a causa della nuova creazione del cinema. Furono creati posti di lavoro per abbellire i parchi statali. D’accordo, siamo a quasi cento anni fa. Altri tempi!