Materiali resistenti

Come è ormai tradizione, la sezione provinciale di Rieti dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani (ANPC) celebra il 25 aprile con una interessante serie di iniziative.

Ne parliamo con il presidente della associazione Pino Strinati.

Pino, quest’anno avete deciso di centrare le celebrazioni sulla figura di Enrico Mattei, fondatore dell’Anpc, ma soprattutto imprenditore, politico e dirigente pubblico, scomparso in circostanze poco chiare cinquant’anni fa. È una scelta di circostanza o Mattei può dire ancora molto all’Italia di oggi?

La formidabile ed inesauribile risorsa della guerra di liberazione fu la capacità di accantonare divisioni ideologiche così da creare un invincibile esercito di popolo. In questa azione un sicuro punto di riferimento fu rappresentato da Enrico Mattei, il quale assolse un ruolo significativo in qualità di comandante in capo di tutte le forze partigiane operanti nel nord Italia e di vice comandante generale del corpo Volontari per la Libertà. Ricordare il ruolo di Mattei in quel periodo significa ripercorrere la storia dell’indispensabile contributo dei cattolici alla guerra di liberazione, ma anche dei valori che hanno trovato una forma compiuta nella Costituzione italiana entrata in vigore nel 1948.

Da qualche anno si ha l’impressione che la memoria della Resistenza, dapprima contesa, si stia facendo sempre più confusa. Guardare a Mattei può aiutare a rimettere le cose in una prospettiva corretta?

Nella lotta di liberazione i cattolici si fecero ribelli, ma “ribelli per amore”. Per amore di un impegno politico e civile che non può essere disgiunto dalla vita morale, dalla testimonianza quotidiana dei valori cristiani. I partigiani cristiani ebbero un ruolo determinante nella guerra di liberazione, ed essenziale fu il contributo dei cattolici per la rinascita delle istituzioni democratiche basate sui valori di pace, libertà e giustizia sociale. La Repubblica è viva e vitale, perché vivo e vitale è il suo impianto di fondo, giocato sull’equilibrio fra libertà ed eguaglianza, e fra diritti individuali e doveri sociali. La Costituzione è il risultato vivo della Resistenza, ne infonde lo spirito nella nostra convivenza civile. Al di là dell’aspetto giuridico ci chiama ancora oggi a vigilare e ad agire per la costruzione di un’Italia migliore. È giusto rivisitare il concetto stesso della Resistenza, purché si tratti di recuperarne il significato originario, lo spirito. La prospettiva corretta è mantenere vivi quei valori che hanno contrassegnato un periodo drammatico del Paese perché possano costituire per tutti un riferimento costante rispetto al nuovo corso della nostra storia.

Tra le attività delle celebrazioni è prevista la proiezione del film “Enrico Mattei, l’uomo che guardava al futuro”. Che futuro avrebbe visto Mattei nell’Italia di oggi?

Mattei fu un uomo che dal nulla seppe prima sognare e poi costruire una azienda che è ancora tra le più quotate e stimate al mondo. Oggi dovrebbe essere di esempio ai dirigenti e politici italiani. È quanto mai necessario che prendano il coraggio di innovare e sognare un’Italia capace di valorizzare i cittadini ed il territorio. Il fondatore dell’Eni fu un uomo che guardando ottimisticamente al futuro ebbe il coraggio di scommettere ed osare. Ma era anche una persona umile, che aveva iniziato dai gradini più bassi della società. È difficile dire quale futuro avrebbe visto per l’Italia di oggi. Possiamo provare ad immaginare che avrebbe provato un certo disagio di fronte a tanta parte del nostro tempo. Una delle sue celebri frasi recitava: «non desidero essere un uomo ricco in un paese povero». Da presidente dell’Eni prendeva solo rimborsi spese. Gli stipendi venivano direttamente devoluti in beneficenza a varie associazioni, in particolare al convento di clausura della suore della beata Mattia Nazzarei di Matelica. Non è esattamente lo stile attuale.

So che oltre all’Anpc c’è qualcos’altro che ti lega alla figura di Mattei…

È vero, come presidente dell’Associazione Santa Barbara nel Mondo mi preme ricordare che Mattei fu devotissimo di Santa Barbara. A Metanopoli fece edificare una chiesa in suo nome e si prodigò con l’Arcivescovo di Milano per far proclamare la santa quale protettrice dei lavoratori addetti all’estrazione del petrolio e del metano.