Il sociologo Mauro Magatti descrive al Sir, alla vigilia dell’appuntamento, il “metodo” della Settimana Sociale di Cagliari. Una proposta alle forze politiche e alle parti sociali per evitare derive disumanizzanti. Punto di partenza: “Il buon lavoro crea lavoro, il cattivo lavoro distrugge la possibilità stessa di lavorare”
La Settimana Sociale sarà uno spartiacque “tra un prima e un dopo”: in continuità con il passato, ma con indicazioni importanti sulla linea dell’impegno della Chiesa italiana “ad ascoltare gli inviti che Papa Francesco ci fa continuamente ad essere un popolo che cammina”. Mauro Magatti, docente di sociologia all’Università Cattolica e segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, descrive così in anteprima le giornate di Cagliari, che dal 26 al 29 ottobre sarà teatro della 48ª edizione dell’importante appuntamento ecclesiale, sul tema: “Il lavoro che vogliamo”.
“Libero, creativo, partecipativo, solidale”. Quattro aggettivi che per i cattolici suonano familiari, ma di cui nella nostra società si è quasi smarrito il senso. Cosa significa oggi il lavoro, minacciato da più parti da derive disumanizzanti?
Saper restituire al lavoro il suo significato pregnante non è un’urgenza del tempo di oggi, ma un compito con cui la Chiesa ha imparato a confrontarsi da sempre. Non dobbiamo commettere l’errore di credere che ci sia stata un’epoca d’oro in cui l’accezione del lavoro fatta propria dal tema della Settimana Sociale di Cagliari sia stata una questione pacifica.
La convinzione profonda della comunità ecclesiale è che questi aggettivi, declinati chiaramente e a partire da una visione antropologica ben precisa, non sono soltanto un dover essere morale, ma le linee indispensabili anche per poter raggiungere gli obiettivi di tipo economico.
Si è pensato troppo spesso di risolvere i problemi a partire da una concezione del lavoro come semplice strumento, e quindi riduttiva, con tutte le conseguenze che questa scelta ha comportato. Il lavoro umano è, invece, in prima istanza l’origine della nostra ricchezza più grande come esseri umani e ripensarlo in questa chiave richiede di camminare sui binari della giustizia. Il lavoro è dignità, come ripete stessa Papa Francesco.
Esistono alcune criticità croniche del mondo del lavoro in Italia, riproposte continuamente anche dai fatti di cronaca: da dove cominciare? Quali sono i fronti più caldi?
Nel solco della tradizione delle Settimane Sociali, in continuità con quello che è venuto prima di noi, questa edizione ha scelto alcuni elementi di metodo significativi. Sulla scorta dell’Instrumentum laboris, verranno messe in rilievo alcune questioni che da cattolici vogliamo indicare come problematiche.
Il punto di partenza è una denuncia non fine a se stessa o per fare polemica, ma per costruire un accordo, un consenso intorno a problemi che vanno affrontati tutti insieme.
Il secondo passo è l’ascolto dei problemi concreti delle persone, delle famiglie e delle comunità, che poi si traducono in numeri: il lavoro, però, non è una questione di statistiche, ma della vita delle persone, ed è a loro che bisogna dare in primo luogo la parola. Il terzo passo sono le buone pratiche: abbiamo raccolto in tutta Italia tanti pezzi di risposte che già esistono – da parte di organizzazioni, imprese, territori, comunità – in modo che si guardi alle esperienze concrete per porsi le questioni e dare risposte in positivo, arrivando così al quarto passo: formulare la proposta.
Nell’ultima Settimana Sociale, a Torino nel 2013, Papa Francesco identificava nel lavoro l’origine della sofferenza di tante famiglie. In che senso e in che modo le proposte che arriveranno da Cagliari si differenzieranno dai tanti proclami, magari interessati, da parte del mondo politico e delle istituzioni?
La prima risposta verrà da noi: noi parliamo di lavoro non dal versante istituzionale o politico, ma in relazione alla nostra capacità di mobilitazione a partire dal vissuto della gente.
A Cagliari verranno suggerite alcune piste: metteremo a punto una proposta in primo luogo al governo – sarà presente il primo ministro – ma poi anche alle parti sociali, ai sindacati e al mondo imprenditoriale.
Il lavoro degno non è solo una questione filosofica, parte da una visione antropologica e passa da un metodo da seguire: denuncia, ascolto, buone pratiche e proposta.
Con la Settimana Sociale di Cagliari si delinea una modalità di essere presenti da cattolici nel discorso pubblico e istituzionale non come una parte che deve difendere i propri interessi o quelli degli altri, ma come una componente che cerca a partire dalle esperienze reali di dare un contributo al mitico “bene comune”.
Concetto che, tradotto sul piano del lavoro, significa da una parte affrontare il nodo della disoccupazione, soprattutto giovanile, e dall’altra combattere le spinte verso la disumanizzazione che sempre risorgono e che chiedono risposte capaci di valorizzare l’essere umano. Il punto di partenza è la convinzione che
il buon lavoro crea lavoro, mentre il cattivo lavoro finisce col distruggere la possibilità stessa di lavorare.
Nel 1945, a Firenze, il tema della Settimana Sociale era: “Costituzione e Costituente”. Più di 70 anni dopo, in un contesto socio-politico profondamente mutato, le riforme costituzionali sembrano per l’Italia un compito difficilissimo. Eppure, l’art. 1 della nostra Costituzione suggerisce proprio di partire dalle “fondamenta” del lavoro.
Mi sembra davvero un richiamo molto bello: sarebbe un bel merito della Settimana Sociale raccordarsi a questo dibattito decennale attraverso la capacità di sintonizzarsi con i problemi delle persone e della comunità. Se prendessimo sul serio il primo articolo della nostra Carta costituzionale, e le difficoltà di tanti lavoratori e lavoratrici che, nonostante la ripresa, continuano a sperimentare, forse avremmo il miglior viatico per poter lavorare insieme su come migliorare la nostra Costituzione, e insieme ad essa le condizioni di vita dei nostri concittadini.