Luci dai secoli bui: la cultura reatina ha gambe proprie

Seconda edizione per la rievocazione storica della canonizzazione di San Domenico. Una organizzazione tutta locale per un evento apprezzato, aperto ed in espansione.

Il suono cadenzato di tamburi in sincrono che dalla chiesa di San Francesco sale via Roma alla volta di piazza Cesare Battisti; una lunga fila di candelabri, uniche luci per segnare il percorso verso l’ingresso della cattedrale; un lungo corteo composto di musici, sbandieratori, nobili, militari, religiosi e popolani – ognuno in un costume perfettamente duecentesco – che passa ed entra in chiesa; un papa anziano, ma lucido e fermo, chiude la fila; l’osmosi tra il pubblico dei figuranti ed il pubblico vero e proprio a completare il salto nel tempo.

Sono alcuni tratti dell’evento che il Consorzio storico culturale Reate Antiqua Civitas, con la collaborazione del Consorzio Rieti-Celano, ha realizzato per la rievocazione della canonizzazione di San Domenico di Guzmann. La proposta, giunta alla seconda edizione, si mantiene filologica e lontana tanto da una inutile teatralizzazione della storia medioevale, quanto dalla sterile riproposizione dei fatti.

L’operazione intende invece approfondire, facendolo rivivere in prima persona agli astanti – pur con la guida di una voce narrante – un fatto centrale nella storia di Rieti, accaduto ormai quasi 800 anni fa.
Ne abbiamo parlato con Fabio Spaccini, presidente del Consorzio.

La prima cosa che colpisce è l’incredibile numero dei partecipanti alla rievocazione.

È vero, ma non sono soli: oltre a quanti sono direttamente presenti in citta e in Cattedrale durante la riproposizione della canonizzazione, vanno considerate le persone che prima e dopo l’evento si occupano di problemi logistici e organizzativi, della produzione e manutenzione dei costumi, del reperimento e immagazinamento degli apparati scenografici, dei ricercatori in campo storico e di coloro che si preoccupano di trasformare la storiografia in elemento visivo, funzionale alla riproposizione pubblica.

Peraltro la qualità dei costumi è assolutamente di primo livello.

Tutti i materiali utilizzati sono di proprietà del Consorzio. Sono stati prodotti da noi autonomamente. Dal 2004 abbiamo allestito un laboratorio di sartoria, con macchinari di nostra proprietà, attraverso cui le mani sapienti di un gruppo di sarte affiliate alle associazioni fondatrici (Ass. Culturale Porta D’Arce, Ass. Storica Porta Cintia, Ass, Storico Culturale Porta Romana) producono quanto è necessario: non solo i vestiti, ma anche le bandiere, i vessilli, i paramenti, gli stendardi, ecc.

Immagiamo che una tale ricchezza di materiali e la vostra esperienza organizzativa costituiscano una opportunità anche rispetto a contatti con realtà fuori Rieti.

In effetti tali capacità ci hanno permesso nel tempo di costruire relazioni sinergiche anche oltre i confini regionali. Lo stesso Consorzio Rieti-Celano ne è un esempio.

In cosa consiste?

Nel 2005 siamo stati chiamati a Celano per allestire la prima edizione del Palio delle Torri (un palio sul modello senese, centrato sull’intreccio tra la cittadina marsicana e la figura di Federico Barbarossa, ndr). In quella occasione è nata una più stretta collaborazione che ha condotto nel 2007 alla fondazione dell’attuale sodalizio, che da quest’anno coinvolge anche la vicina cittadina di Cerchio.

Il vostro tentativo alimentare cultura coinvolgendo direttamente i cittadini è quindi in grado di produrre interessanti forme di relazione e partecipazione.

In effetti la partecipazione delle forze vive della cittadinanza è il vero obiettivo della nostra organizzazione. Contro la tendenza che vede calare dall’alto grandi eventi, il nostro intento non è di occupare gli spazi disponibili con grandi produzioni chiuse in se stesse, ma di costruire spazi di socialità e opportunità di espressione culturale per l’intera cittadinanza.

Avete avuto testimonianza di come i vostri sforzi vengono percepiti fuori le mura?

Possiamo dire che il complesso delle nostre iniziative sta sempre più diventando il paradigma di come sia possibile fare una proposta turistica valorizzando le forze locali.

Viene da dire da Rieti, con Rieti e per Rieti!

Infatti. Perché il turista dovrebbe venire nella nostra città se non per godere di quanto è autenticamente reatino? Il punto non è il monumento o l’evento in sé: monumenti in Italia sono presenti ovunque e di eventi se ne possono creare a volontà. Ciò che è unico è il modo in cui una città vive se stessa e la propria storia: sono l’originalità e l’unicità ciò che realmente attrae il turista e lo gratifica con il senso della scoperta. L’unica offerta autentica, e non solo nel turismo, è quella che si fa di se stessi e della propria natura: nel nostro caso è la modalità in cui il reatino sa offrire la propria città e rileggere il proprio passato. Anche gli sforzi che ogni singola associazione del Consorzio mette in pratica in altre iniziative sono allineate in questo intento. Un esempio per tutti sono i Cavalli Infiocchettati. Manifestazioni equestri si tengono ovunque, ma nessuna presenta caratteristiche uniche come questa con cui, ogni anno, gli amici dell’Ass. Porta D’Arce esaltano la tradizione del carnevale reatino.

Dai secoli bui sembra portiate l’idea di una cultura del fare più che dell’apparire.

Riflettiamo su una cosa: si può fare cultura? Secondo noi no. Una cosa è la cultura, un’altra sono i prodotti culturali: la prima è il complesso del sapere e del saper fare di una comunità. Comprende tanto le vette del pensiero quanto la capacità di impagliare una sedia e non può di certo essere il prodotto di un individuo, un ente o una istituzione; i secondi sono una merce, prodotta per essere consumata e dimenticata. L’acquisto di una merce, sia pure “culturale”, non aumenta in nulla le nostra capacità; la scoperta e la partecipazione ad una cultura sono invece un arricchimento costante, tanto per le persone quanto per le comunità.

Quale è stata la risposta delle istituzioni a “Luci dai Secoli Bui”?

Da parte delle amministrazioni pubbliche, c’è un lento riconoscimento del nostro lavoro. Diverso è stato invece l’interesse della Chiesa reatina, dalla quale abbiamo raccolto diverse testimonianze di apprezzamento, disponibilità e simpatia per quanto stiamo mettendo in campo. In questa sede anzi vorrei ringraziare una volta di più il Vescovo, che ha mostrato una giusta comprensione dell’evento e ci ha guidato nel corretto utilizzo della cattedrale di Santa Maria.

Per il prossimo anno cosa è in cantiere?

La riproposizione della rievocazione è ormai un punto fermo del programma di “Luci dai Secoli bui“. Per la prossima edizione stiamo pensando ad una serie di manifestazioni collaterali, che ne possano aumentare ed approfondire sia la portata culturale e turistica, sia la dimensione partecipativa.