Qualche giorno fa, abbiamo lanciato una provocazione, per così dire, di vago sapore “keynesiano”. Pare che a Rieti qualunque opera, anche la più controversa, inquinante o evidentemente stupida, debba essere fatta perché il territorio è in crisi. Ma se è per creare posti di lavoro – dicevamo – sarebbe meglio scavare buche e poi riempirle piuttosto che insistere su interventi inutili, dannosi e insensati.
Un discorso che ci pare essere adatto anche al dibattito sulle “aree ex industriali”. Attorno allo zuccherificio, in particolare, si è da tempo sviluppata una consistente polemica. La Coop Centro Italia ha presentato un piano completo – e finanziato con milioni di euro – per la trasformazione del complesso. Nel progetto si contano palazzine, giardini e servizi. La ciliegina sulla torta, ovviamente, è un grande centro commerciale.
Con la solita chiarezza dall’Amministrazione è arrivato chiaro e netto un bel “ni”. Cioè un quasi no, che è un quasi sì. Il problema? Forse l’intervento è un tantino esagerato. Eccede la cubatura edificabile concessa dal piano regolatore. «Ma come – dicono gli entusiasti – investimenti per centinaia di posti di lavoro bloccati dalle deboli ganasce del rispetto delle regole?» Non tutta l’Italia è berlusconiana, verrebbe da dire, ma andiamo oltre.
Infatti c’è un’altra resistenza al progetto della Coop: in tanti dicono che una così potente concentrazione dell’offerta travolgerebbe il comparto commerciale della città come uno tsunami. Oggi, un po’ a fatica, gli esercizi del centro ancora resistono. Ma ce la farebbero di fronte ad un nuovo, grande e attraente polo dello shopping?
Mors tua, vita mea, dirà qualcuno: la storia deve comunque fare il suo corso. Inutile tenere in vita certi relitti del passato, certi dinosauri incapaci di rinnovarsi e adattarsi ai tempi che cambiano. Va bene, ma abbiamo il sospetto che alla fine il bilancio sarebbe comunque in pareggio. Tanti nuovi posti di lavoro, ma a fronte di altrettanti spazzati via dal cambiamento. In fondo il potenziale economico della città riuscirà pure a crescere un poco, ma non può mica raddoppiare in quattro e quattr’otto!
Ma allora che dobbiamo fare? Soccombere all’immobilismo, al pessimismo di provincia, e rassegnarci alla vita della periferia post-industriale?
Forse no. Ma bisogna ingegnarsi a trovare qualcosa di meglio delle solite ricette. E non è detto che si debba inventare la ruota da capo: qualche volta basta saper copiare bene. Noi, ad esempio, avremmo da fare una modesta proposta. Poco tempo fa, amministratori e personale tecnico di Provincia e Comune di Rieti hanno visitato l’impianto di Salerno per la trasformazione della frazione organica dei rifiuti in terriccio e fertilizzanti naturali. Un buon progetto – utile ed ecologico – che da quelle parti ha creato nuova economia e nuovi posti di lavoro. Nuovi anche come qualità: personale formato e specializzato, non poveri commessi sfruttabili e precarizzati oltre ogni decenza.
All’epoca ci lamentammo del fatto che il viaggio sembrò essere una visita di piacere, una gita fuori porta. Ci sembrò che ci fosse da soddisfare una morbosa curiosità: vedere come si fanno funzionare le cose per poi continuare a non fare nulla in casa propria. Tant’è che a quella trasferta non ha fatto seguito nulla di particolarmente significativo.
A questo punto, però, ci domandiamo se non sia il caso di fare nello zuccherificio qualcosa di simile all’impianto di Salerno. In Campania gran parte dei soldi ce li ha messi la Comunità Europea. Perché a noi non dovrebbe darli? Dall’investimento nascerebbero nuovi posti di lavoro, di quelli buoni, senza mettere in difficoltà l’economia esistente. E poi si aumenterebbe la qualità della vita di tutti con un più saggio ciclo dei rifiuti. Anche i relativi tributi sarebbero destinati diminuire, e di questi tempi non è cosa secondaria.
In fondo lo zuccherificio era un sito industriale: con questa soluzione verrebbe restituito alla sua vocazione originaria, invece di essere “riqualificato” per ingrassare appassionati del mattone e grande distribuzione.
La riconversione produttiva sarebbe una scelta coraggiosa, al passo coi tempi e – lo sospettiamo – con il “buon senso” diffuso. Ma per fare certe operazioni ci vogliono la buona politica, la capacità di immaginare il futuro e la forza di realizzarlo. Potrebbe anche essere necessario un qualche piccolo atto di forza, come l’esproprio di alcune aree. In città che ne sono diverse che pur avendo il sapore del “bene comune”, si trovano nelle mani di speculatori vestiti da benefattori, seppure in buona fede.
Inutile dire che al momento, dati rapporti di forza in città e l’andazzo generale, certe cose dovremo limitarci a sognarle, rassegnandoci a proporre di scavare buche da riempire quale male minore.
Qualsiasi proposta è migliore di quella di coloro (vedi Coop) che vogliono farci l’ennesimo mega centro commercuale per ammazzare in modo definitivo il commercio dentro il centro Storico.
Ma farci un centro di trattamento per riufiti a 25 metri dalla scuola elementare Ricci e 100 metri dalla scuola Industriale Rosatelli sembra una proposta un po’ strampalata.
L’unica cosa da fare, come proponeva la Lega Nord di Rieti nei primi anni ’90, è quella di realizzare l’Università di Rieti, finalmente una sede unica per tutte le Facoltà ! Oppure, in alternativa, un bel polo fieristico che a Rieti manca completamente.
Ma come si fa solo a pensare una simile scempiaggine? Un’impianto di trattamento di rifiuti in pieno centro? Per parafrasare l’articolo, forse è meglio non scrivere niente, e lasciare la pagina intonsa…E’ pure ferragosto, tanto non se ne accorge nessuno.