Rieti Sport Festival

Lo Sport come metafora della resilienza in tempo di pandemia. Arianna Talamona e Giusy Versace al festival di Rieti

Le atlete paralimpiche Arianna Talamona e Giusy Versace, ospiti del primo giorno del Rieti Sport Festival, hanno tracciato un efficace parallelo tra i valori dello sport e quelli necessari per uscire dall’attuale momento di crisi

A causa del Covid-19 non c’è lo sport praticato quest’anno al Rieti Sport Festival. Ma svolgerlo è stato la scelta giusta: per dare un segno di continuità, ma anche per testimoniare quella capacità di reagire alle difficoltà che dovrebbe essere il primo insegnamento dello sport. E di questo si è parlato molto durante la giornata inaugurale del 10 settembre. Anche scegliendo con cura gli ospiti intervistati da Stefano Meloccaro.

Se lo sport è una metafora della resilienza in tempo di pandemia, ad esempio, quali testimonial migliori di due atlete paralimiche come Giusy Versace e Arianna Talamona? «Da ogni tragedia può scaturire una opportunità» spiega la prima, che ha perduto le gambe in un incidente stradale: «mi sono ritrovata catapultata in quello che io amo definire è il popolo degli invalidi. Ho imparato a ironizzare, ma se si ama profondamente la vita, non si può non reagire e dare valore alle tante cose che ancora puoi fare, sprecando il tempo a rimpiangere le cose che non puoi fare più». Il parallelo con le limitazioni sociali viene da se, ma Arianna Talamona, sulla sedia a rotelle dalla nascita, ha voluto essere più esplicita e sottolineare che l’uso della mascherina non può certo «rappresentare un impedimento, perché nella vita ci sono cose più gravi».

Lo sport come esempio

Un pensiero è stato rivolto ad Alex Zanardi, che si trova a combattere ancora una volta le conseguenze di un brutto incidente. Ma «quando ero in ospedale e non sapevo neanche cosa fosse una protesi – ha ricordato Versace – Zanardi iniziava a correre». Come a dire che ciascun atleta può essere di esempio, a patto di raccontarne la storia. «Quello che può essere di ispirazione è quanto ognuno di noi ha vissuto – dice ancora l’atleta – se qualcuno arriva sul podio è perché ci ha lavorato, ha faticato, ha pianto, è caduto, si è rialzato e ci ha riprovato. E come ce l’abbiamo fatta noi, ce la possono fare tutti».

Resilienza collettiva

Anche questo è il valore dello sport, che è sì capace di esaltare, ma nella misura in cui insegna a confrontarsi con i limiti della vita, della condizione umana. Senza cercare sempre un alibi e proprio in un momento in cui tanti si lamentano e cercano di dare sempre la colpa a qualcun altro. «A volte le sconfitte, le perdite, le delusioni servono per darci quella carica giusta per tirare fuori ancora più grinta», spiega ancora Giusy Versace. «Bisogna avere pazienza, la vita è complicata per tutti, ma rispetto agli eventi che ci capitano nella vita e non possiamo prevedere la differenza la facciamo noi». E in tempo di Covid vuol dire anche che è ridicolo sentirsi quasi privati del “libero arbitrio”, soprattutto di fronte a chi, ricorda Arianna Talamona, vive «quotidianamente cose che ci bloccano, da un gradino a un prodotto troppo in alto sullo scaffale del supermercato». Il punto è un altro: «Se si rende necessario un piccolo sacrificio per far star bene tutti, non si capisce perché non farlo».

Oggi si parla spesso di resilienza, ma dev’essere per tutti e di tutti. Lo sport in questo insegna molto: rispetto delle regole, rispetto per se stessi, rispetto per gli altri. Lo sport è una palestra di vita che insegna anche il sacrificio, e a volte a perdere. E nella pandemia abbiamo perso tante vite. Sarebbe davvero un insulto non sforzarsi di lavorare su se stessi per superare il momento critico. Anche cercando di creare contesti positivi, proprio come è questa special edition del festival reatino dello sport.

foto di Massimo Renzi