L’imperfezione di Francesco Piccolo

Nel pomeriggio di mercoledì 3 settembre, la città di Rieti è tornata a vivere un momento di curiosità letteraria per l’incontro con lo scrittore Francesco Piccolo. Il vincitore del premio “Strega” 2014 ha presentato il volume con cui ha ottenuto il primo premio al concorso, pubblicato dalla casa editrice Einaudi. “Il desiderio di essere come tutti” non è un romanzo, ma…

“Ogni litigio, ogni stanchezza, ogni desiderio altro, sono macchie, indebolimenti, sacrilegi contro la perfezione, segni di declino. Quindi, avendoli accumulati nel tempo, ci di deve lasciare perché non si sopporta che dentro il rapporto ci sia anche il dolore o il ricordo di momenti tristi”.

È vero che il libro vincitore del Premio Strega 2014 non è un romanzo (ma neanche il “Tolstoj” di Citati e la “Storia della mia gente”, di Nesi, anch’essi vincitori al Ninfeo di Villa Giulia, lo erano) e che di per sé questo viene considerato un vizio d’origine, imperdonabile per molti. Tuttavia questo “difetto di fabbrica” di “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi, 261 pagine) di Francesco Piccolo è compensato da alcuni meriti. Il primo, come avrete capito dalla citazione iniziale, è quello di rovesciare il mito della assoluta perfezione del rapporto amoroso, per cui, alla prima manifestazione di imperfezione o di inadeguatezza, inizia la parabola discendente. Il messaggio è che bisogna accettare i difetti dell’altro, al di là di miti di perfezioni inesistenti se non nei serial televisivi, perché altrimenti ci si consegna alla infelicità e alla paranoia.

Il secondo è che il racconto, pur essendo autobiografico, non sfocia mai nel protagonismo: il narratore mette a nudo più le sue difficoltà, gli inciampi, l’isolamento che i successi. Fin da quando racconta l’adesione al Pci di Berlinguer, confessa la sua sensazione di isolamento dai tanti compagni che aderivano ai movimenti extra-parlamentari e che vedevano nel compromesso storico una resa al sistema. Soprattutto si sente messo ad un angolo dalla ragazza amata che lo scavalca sdegnosamente a sinistra. Perché l’essere comunista per il narratore significa stare dalla parte non dei fighetti contestatori e pure figli di papà, dei rivoluzionari a parole, ma dei poveracci assai poco affascinanti agli occhi delle belle compagne. Sono, per esempio, i quasi dilettanti della Germania est, che nel 1974 si trovarono calcisticamente davanti l’altra parte del muro, la Germania occidentale, a determinare senza saperlo le scelte politiche del ragazzino di dieci anni che vede nelle loro divise un segno del destino comune: “avevano una tuta azzurra semplice semplice, come avrei potuto averla io, con una scritta enorme DDR, che sembrava cucita dalle mamme dei calciatori, proprio come la mia mamma cuciva il numero sulla mia maglia”.

“Il desiderio di essere come tutti” ci invita a ragionare su chi mai siano quei “tutti” del titolo: non la maggioranza, non il gruppo egemone e neanche una non meglio identificata gente comune. Sono quelli che sentono il dolore dell’emarginazione ma che hanno il coraggio di affermare i diritti del cuore (la simpatia per i poveracci) contro quelli delle mode del momento. I “tutti” del titolo sono la “maggioranza silenziosa” di una sinistra che cercava soluzioni in grado di portare il Paese lontano dai rischi del Cile nel 1973. È dal colpo di stato contro Allende, infatti, che prende le mosse la proposta del compromesso storico da parte dell’allora segretario del partito comunista Berlinguer, che il narratore condivide, però arrivando a conclusioni opinabili: “Il compromesso storico era un’idea progressista, l’alternativa democratica era un’idea reazionaria”. Piccolo non tiene conto della convinzione di molti: il compromesso storico di allora avrebbe causato una anomalia ulteriore nel sistema politico italiano già anomalo del suo: una stretta alleanza tra cattolici – che voleva in quel frangente dire soprattutto Dc – e comunisti avrebbe di fatto monopolizzato la vita politica del Paese, che sarebbe stata senza opposizione. Non è vero quindi che l’alternativa democratica avrebbe avuto una funzione di mero ripiegamento “reazionario”: qualcuno la lesse come avvicinamento al sistema bipolare di tante democrazie d’occidente. Ma anche qui va colto un pregio di questo libro: la capacità di sfuggire alla tentazione della demonizzazione – al di là di critiche ragionevoli – di coloro che erano gli avversari, soprattutto Craxi. La voce narrante presenta i fatti senza livore e anzi tenta di penetrare lo spirito di quel tempo cercando anche di capire il punto di vista degli avversari. Andando contro un altro spirito, quello del nostro tempo, fatto di urla ed esibizione di muscoli mediatici.

Foto Massimo Renzi.