Siamo ormai arrivati a un mese e mezzo di Expo. Un quarto della manifestazione è già passato. Il buon riscontro di pubblico (oltre due milioni di visitatori il primo mese), e lo spettacolo dei padiglioni nazionali fanno pensare ad un inizio tutto sommato positivo, malgrado le mille polemiche sui ritardi e i costi dei mesi scorsi. Ma proviamo a spulciare in dettagli meno “esposti” del esposizione universale.
E proprio nei dettagli si nascondono problemi. Ad esempio i cluster. Quella che era una buona idea, riservare uno spazio collettivo ai paesi che non si possono permettere un padiglione, non si sta realizzando al meglio. Molti spazi sono trascurati e mal organizzati. Sembra più un mercatino “etnico” che non un’esposizione. Insomma ancora una volta le opportunità promesse hanno trovato una debole realizzazione.
Poi c’è l’aspetto scientifico. È chiaro che non stiamo parlando di una fiera delle scienze alimentari o delle tecniche agricole. Ma avere l’ambizioso titolo “Nutrire il pianeta” porta ad aspettarsi qualche seria considerazione, quantomeno sullo stato attuale dell’ambiente e delle tecnologie per la produzione di cibo. E infatti parte della divulgazione è stata affidata alle università della zona. Però alcuni loro contenuti sono stati relegati in tratti poco frequentati, lontano dalle attrazioni principali.
Ma forse un aspetto positivo su questo argomento c’è. Incalzato dall’attenzione mediatica, il governo è stato “costretto” a promettere una legislazione adeguata sugli OGM. Questo dovrebbe diventare un effetto costante, almeno nei 4 mesi e mezzo che mancano. Temi spesso trascurati, come la sostenibilità o la nutrizione, dovrebbero stare al centro del dibattito.
Una prima conclusione, parziale ovviamente, è che l’expo potrebbe essere una miniera di possibilità e opportunità. Anzi in un certo senso questo obbiettivo è stato raggiunto. Ma realizzare quelle possibilità e opportunità si sta rivelando più difficile del previsto. Sembra che nessuno voglia impegnarsi fino in fondo. Dopo tutto il grande spettacolo è sotto gli occhi di tutti. Nessuno guarda ciò che (non) c’è dietro o intorno.