Chiesa

L’Elemosiniere del Papa tra i ghetti del foggiano

Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il cardinale Krajewski si è recato in Puglia per incontrare migliaia di lavoratori agricoli, in maggioranza provenienti dall'Africa, che vivono in condizioni di grande disagio

Sono baraccopoli o masserie abbandonate le case delle migliaia di lavoratori agricoli che vivono in condizioni di grave precarietà nell’odierna provincia di Foggia. Ed è proprio in due di questi ghetti che l’Elemosiniere Apostolico, il cardinale Konrad Krajewski si è recato oggi insieme al vescovo di San Severo, monsignore Giovanni Checchinato e l’arcivescovo di Foggia-Bovino, monsignore Vincenzo Pellvi.

Con questo gesto, il Pontefice ha espresso il suo desiderio di vicinanza alle vittime dello sfruttamento, dell’emarginazione e dell’esclusione; portar loro una parola di speranza e farsi voce del loro grido di aiuto in una società «che sviluppa al proprio interno – come ebbe a dire nel Messaggio per  la Giornata mondiale del Migrante e Rifugiato del 2019 – la tendenza a un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la globalizzazione dell’indifferenza».

«La risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ma questi verbi non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della Chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati. Se mettiamo in pratica questi verbi, contribuiamo a costruire la città di Dio e dell’uomo, promuoviamo lo sviluppo umano integrale di tutte le persone e aiutiamo anche la comunità mondiale ad avvicinarsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile che si è data e che, altrimenti, saranno difficilmente raggiunti – Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e Rifugiato del 2019».

La realtà dei lavoratori stagionali nella periferia

L’area della Capitanata, in provincia di Foggia, è a prevalente vocazione agricola. Da qui, la massiccia  presenza di lavoratori stagionali che si aggregano in insediamenti informali, occupando casolari abbandonati oppure costruendo vere e proprie baraccopoli. Per la maggior parte si tratta di migranti provenienti dall’Africa (soprattutto da Nigeria, Ghana, Senegal e Gambia) alcuni arrivano dall’Est europeo (Romania e Bulgaria) e vivono in condizioni di grave precarietà a livello giuridico, abitativo, sanitario.Il fenomeno del grave sfruttamento lavorativo è alimentato sia dalla mancanza di meccanismi legali del reclutamento dei lavoratori sia dall’assenza quasi totale di alloggi forniti da parte dei datori di lavoro.

Ed è così che nascono i cosiddetti ghetti, in forma di baraccopoli o masserie abbandonate, con scarso o assente accesso all’ acqua potabile, senza sistema fognario e di riscaldamento – in una zona, tra l’altro, con inverni molto rigidi. La raccolta del pomodoro segna il massimo numero di presenze da luglio a settembre: in questi mesi di raccolta intensiva almeno 6.000 persone si radunano nelle baraccopoli. I più grandi insediamenti dell’area sono l’ex Pista aeroportuale di Borgo Mezzanone, il Gran Ghetto di Rignano Scalo (Località Torretta Antonacci), il Ghetto Ghana di Borgo Tre titoli, e una moltitudine di masserie dislocate in un raggio di 50 km da Foggia.

Borgo Mezzanone

Il primo ghetto visitato dall’Elemosiniere del Papa e dal vescovo di San Severo è il Borgo Mezzanone, frazione del comune di Manfredonia. Una piccola comunità rurale – circa 800 abitanti –  dell’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. Da circa vent’anni, l’ex aeroporto militare dell’Amendola è usato per l’emergenza dei profughi: prima della vicina Albania e, successivamente, dell’Africa e dell’Asia che chiedono protezione nel nostro Paese.

Oggi, il Cara di Borgo Mezzanone conta circa un centinaio di richiedenti asilo su una capienza di 450 posti. A poca distanza, nel luogo chiamato ex pista, 1.500 persone di diverse nazionalità sono accampati in container o baracche di fortuna. Negli ultimi mesi, sono stati compiuti diversi interventi di abbattimento di edifici e baracche con l’obiettivo di smantellare nel minor tempo possibile l’intero ghetto, ricollocando i migranti in luoghi più dignitosi che favoriscano anche un percorso d’integrazione. La buona volontà delle Istituzioni, tuttavia, sembra non seguire un lavoro coordinato  per la soluzione della questione.

Il Gran Ghetto

Il secondo insediamento visitato dal cardinale Krajewski è conosciuto con il nome di Gran Ghetto. Sorge in Località Torretta Antonacci, nella zona periferica del Comune e della Diocesi di San Severo. Circa 20 anni fa, a Rignano Scalo, a metà strada fra San Severo e Foggia, viene sgomberato il primo Gran Ghetto, che la comunità dei lavoratori stagionali aveva creato in un ex zuccherificio. Dopo lo sgombero, la comunità occupa un’area non molto distante ma immersa nelle campagne.

Nel marzo del 2017, un altro sgomberato con sequestro dell’intera area da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. Quest’ultima propone ad un piccolo gruppo di abitanti un’alternativa abitativa composta da tende e container – o presso strutture comunali nel centro abitato di San Severo -ma senza riuscire a trovare soluzioni reali e dignitose all’emergenza.

Nell’incendio scoppiato poche ore prima dello sgombero, perdono la vita due giovani del Mali, Mamadou Konate e Nouhou Doumbouya. Immediatamente dopo lo sgombero, una parte della comunità si riversa in altri insediamenti della Capitanata, primo fra tutti l’ex Pista di Borgo Mezzanone. L’altra parte, ricostruisce l’insediamento nello stesso punto occupandolo con un gran numero di roulotte e baracche. Oggi se ne contano oltre 400.

Chi si è insediato nel Grande Ghetto, ormai vi rimane per tutto l’anno. Il numero delle presenze varia dalle 200 unità nei mesi invernali, quando il lavoro nei campi diminuisce, fino alle oltre 800-900 unità nei mesi in cui si svolge la raccolta del pomodoro-uva-olive.

Da Vatican News