Lavoro e ricostruzione: fare insieme con la logica del dono

Complessità, Insieme e Dono: sono tre parole chiave per affrontare la ricostruzione di Accumoli e Amatrice e, più in generale, i problemi che affliggono la nostra provincia. Un territorio che resta critico dal punto di vista dei trasporti, delle infrastrutture e del lavoro. Proprio per questo occorre guardare con attenzione ai nuovi provvedimenti presi dal Governo.

Piaccia o meno, le zone del terremoto sono lo specchio di un po’ tutta la provincia. Nel senso che l’emergenza ha ricondotto i problemi all’essenziale, scoprendo gli alibi e mettendo a tacere le troppe chiacchiere inutili.

Dopo i morti e i crolli, è rimasto sul piatto un territorio ricco di storia e natura, ma fragile, frammentato, disorganizzato, messo in svantaggio da un gigantesco problema di infrastrutture da inventare o completare, e da un panorama lavorativo fortemente affaticato, disorientato, a tratti compromesso.

La ricostruzione di Accumoli e Amatrice passa dalla soluzione di questi problemi: gli stessi, con modi e intensità diversi, del resto della provincia.

La direttrice provinciale della Cna, Enza Bufacchi, in un momento del Primo maggio ad Amatrice

Guardiamo all’ultimo punto: al lavoro. Cosa si può dire sull’argomento senza essere scontati e retorici? Uno spunto ce lo offre Enza Bufacchi, direttrice provinciale della Cna. Durante il “Primo maggio” organizzato ad Amatrice dall’Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro, poco prima della messa celebrata dal vescovo, ha suggerito tre parole: Complessità, Insieme e Dono. «Il terremoto – spiegava – ci ha messo davanti a una situazione molto complicata. Ne verremo fuori meglio se riusciremo a riconoscere la complessità, a non tagliarla, a includere tutti i punti di vista, tutte le esigenze, tutti i bisogni». Uno sguardo possibile «solo se ce ne faremo carico insieme», rinunciando «a una scorciatoia, a un punto di vista privilegiato», sia esso quello delle istituzioni o delle associazioni. «Solo se riusciremo a condividere i pensieri, le analisi, le soluzioni forse faremo le cose al meglio». E qui si inserisce la prospettiva del «Dono»: non tanto per esortare la continuità dello sforzo solidale visto finora, ma perché «quando doniamo, dobbiamo tener conto innanzitutto delle esigenze di chi riceve il dono, interrogarci se le cose che doniamo sono veramente utili o se invece tengono solo conto del punto di vista di chi dona».

Un approccio che tornerebbe utile anche per definire meglio alcuni punti legati al decreto legge 50/2017, che ha istituito nei Comuni del cratere, 15 nella nostra provincia, una Zona Franca Urbana, cioè un territorio delimitato nel quale sia le imprese che hanno avuto nel 2016 una diminuzione del fatturato del 25% rispetto alla media dei tre anni precedenti, sia le imprese nate dopo l’emissione del decreto e fino al 31 dicembre 2017, sono per due anni esentate dal pagamento delle imposte e esonerate dal versamento dei contributi previdenziali.

L’idea è buona, ma proprio Enza Bufacchi solleva alcune criticità. «Il provvedimento – ci spiega – risponde all’esigenza di incentivare le iniziative imprenditoriali nelle zone colpite dal terremoto ed è stato giustamente invocato da più parti per far fronte all’emergenza economica. Pone però alcuni problemi che in sede di conversione del decreto devono trovare soluzione».

Di cosa si tratta?

Il più urgente dei problemi è quello sollevato dalle aziende che nei mesi successivi al terremoto, anche grazie all’impegno degli imprenditori, delle imprenditrici e dei loro dipendenti, sono riusciti a limitare le perdite di fatturato e dunque non potranno beneficiare delle esenzioni di imposte e contributi previste nella Zona Franca Urbana. Dopo tanti sforzi, queste aziende si troveranno in una condizione di oggettivo svantaggio. Un handicap irrecuperabile perché consentirà ad alcune delle aziende esistenti e a tutte le nuove di praticare prezzi che, non dovendo tener conto di costi rilevanti perché esentati, saranno molto al di sotto dei prezzi di mercato.

Il provvedimento dovrebbe essere esteso a tutti gli operatori per evitare un’involontaria concorrenza sleale all’interno di uno stesso territorio?

Potrebbe essere una soluzione, ma non è la sola disparità da affrontare, perché il decreto pone questioni anche per quanto riguarda i contributi pensionistici. Ne viene sospeso il pagamento, ma senza che a questo corrispondano “contributi figurativi”. Al momento di andare in pensione, i dipendenti si ritroveranno privi di due anni di versamenti, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare. Uno svantaggio che oggi potrebbe spingere molti lavoratori ad abbandonare le imprese che il decreto intende aiutare per cercare di essere assunti in ditte concorrenti tenute a versare loro il dovuto.

Sembra che le misure pensate per favorire la rinascita contribuiscano, in modo assolutamente paradossale, ad appensantire l’imprenditoria che al terremoto ha resistito con le proprie forze e ad allontanare i lavoratori rimasti legati alla propria terra…

È così: non stiamo mettendo in discussione il provvedimento, ma è necessario richiamare l’attenzione su queste contraddizioni per ricercare insieme, soggetti istituzionali e associativi, soluzioni che consentano di agevolare l’impresa e il lavoro senza produrre però ulteriori danni e andando a risolvere altri problemi che il decreto lascia irrisolti. Perché, senza impresa e lavoro, è impossibile parlare di ricostruzione.