La Provincia chiude. E i giovani?

Le politiche giovanili nel tempo della spending review.

I dati eurostat mettono l’Italia al terzo posto nella disoccupazione giovanile. Si parla del 22,7%, a fronte di una media europea del 15,4%. La situazione nella provincia di Rieti è forse anche più grave. Proviamo ad affrontare il tema con l’assessore alle Politiche Giovanili della Provincia di Rieti Francesco Tancredi.

Assessore, quanto influisce la disoccupazione sui problemi giovanili?

Molto. La disoccupazione influisce sulla vita, toglie prospettiva. Forse alcuni giovani sono svogliati, ma a quale futuro dovrebbero guardare? Il problema delle politiche giovanili non è stato approfondito. Si lascia che gli interventi siano più o meno estemporanei. Invece ci vorrebbe un percorso organico. Ma una legge nazionale che organizza il settore ad oggi non è stata ancora approvata. Così spesso le politiche giovanili vengano interpretate in chiave ludica, mentre serve l’inserimento dei giovani in un orizzonte complessivo. E non manca solo questo: anche i fondi sono spariti. Gli accordi tra Regione e province non sono stati rispettati. Tra il 2011 e il 2012 l’Assessorato alle Politiche Giovanili non ha ricevuto un euro. E dire che l’assessore Sentinelli il 30 giugno scorso aveva fatto tante promesse. Si trovano ancora sul sito della Regione, nel settore delle politiche giovanili. Ma ad oggi non è arrivato nulla. Abbiamo potuto lavorare solo grazie al fatto che l’assessorato ha vinto i bandi UPI. Sono questi i soli finanziamenti arrivati a sostegno dei progetti.

Un commento alla frase della Fornero sui giovani schizzinosi?

Mi ha inorridito. Come ministro ha davvero esagerato. Ci sarà pure qualcosa di vero, ma nelle istituzioni da un po’ di tempo in troppi si riempiono la bocca contestando i giovani. Ma a fronte di quale impegno li si critica? Cosa offrono le istituzioni? Quali possibilità reali hanno i ragazzi? Guardiamo alle riforme: dalle pensioni al mercato del lavoro i giovani sono sempre vittime più che protagonisti. È troppo facile parlare di bamboccioni. Il cordone ombelicale con la famiglia non si rompe? È un male, ma anche una fortuna. Se non ci fosse la famiglia in tanti non riuscirebbero ad andare avanti. Non credo che i ragazzi ci stiano comodi: fanno una vita priva di soddisfazione. Prima di criticare, bisognerebbe dire dove sono le agevolazioni fiscali per le nuove coppie, per mettere su casa. E cosa fanno le banche? Chi aiuta i più giovani a fare impresa? Certe battute, certi attacchi, certa ironia, in fondo si risolvono nella miseria di chi, non sapendo dare risposte concrete, se la prende con i più deboli.

Oggi si va verso lo smantellamento della Provincia. In quali prospettive finiscono le politiche giovanili? Consideriamo che forse al momento in città ci sono più centri anziani che centri giovanili…

Purtroppo è vero. Il guaio è che a dispetto dell’ansia da spending review, non è nelle province che si sperperano i soldi. Qualcosa da sistemare c’è sempre, ma i veri sprechi, ormai lo sappiamo, sono nelle Regioni. Tutti i fondi che abbiamo gestito li abbiamo spesi su progetti reali, sul territorio e in modo uniforme. Ad ereditare le politiche giovanili saranno i Comuni. Ma il centro di valutazione dei progetti sarà remoto. Ce la faranno i piccoli Comuni a far valere i loro bisogni? Le piccole realtà non brillano certo per capacità progettuale. Si creeranno disparità? Pensiamo a territori abbandonati o depressi come quelli del Cicolano. Forse si dovranno consorziare, ma è una scommessa, una sfida aperta. E teniamo presente che, come dicevamo, senza una legge generale che dà l’indirizzo, i vari interventi faticano ad avere continuità.

Eppure si direbbe che i giovani siano i più entusiasti della abolizione della Provincia. Lo si vede facilmente su Facebook. Come mai?

Sono male informati. Ormai si fa di tutta l’erba un fascio quando si parla di politica e istituzioni. “Il tutti a casa”, però, non funzionerà. Molto è dovuto alla cattiva politica, alla corruzione che va avanti da tempo: oggi c’è un vero e proprio rigurgito. E nel pieno della rabbia non si può pretendere che i giovani distinguano. Ma il problema rimane. Ci sono province di vecchia data, come quella di Rieti, che oggi hanno raggiunto una notevole omogeneità. Con gli accorpamenti in realtà più grandi si perderà questo risultato in cambio di un potere che si allontana. E si allontana anche la possibilità di accedere al potere o di controllarlo. E poi si perde anche un certo senso di identità: va bene la contestazione, ma forse sta arrivando il momento della riflessione.

Ma di fronte alla situazione attuale, ai giovani conviene restare o andare via da Rieti?

Se le opportunità sono quelle che vediamo, oggi è difficile rimanere. Forse andare via è la scelta più facile. In questa prospettiva i giovani hanno diritto di prendersela con la mala politica. Clientele e raccomandazioni hanno spento l’entusiasmo, umiliato le professionalità, tolta la voglia di fare. Ed è un peccato: le intelligenze non mancano. In molti vorrebbero tornare, per tanti motivi. Il costo della vita è basso, e c’è anche un certo attaccamento alle radici. Ma occorre creare la giusta prospettiva politica. Finora purtroppo si è fatto poco, e con la chiusura della Provincia le cose diventeranno forse anche più difficili.