La pena di morte / 3: la croce e il perdono

In questo terzo appuntamento faremo luce su alcuni aspetti storici e politici legati alla pena capitale con un occhio di riguardo per i temi religiosi.

Iniziamo dicendo che Gesù è un condannato a morte. Tutta la passione non è altro che una lunga esecuzione, che ovviamente risente della brutalità dei tempi. Anche le centinaia di martiri hanno subito la pena capitale. Al di là della fede di ognuno, questo può dirci qualcosa di più generale.

Nei regimi totalitari molto spesso sono proprio le esecuzioni a rivelarne la natura. Condanne per reati politici e d’opinione sono alcune delle spie più chiare della presenza di una dittatura. E certo, l’impero romano di 2000 anni fa oggi non potrebbe essere definito diversamente.

Altro fenomeno associato è quello degli eccessi autoritari legati a dogmatismi religiosi. Oggi in alcuni regimi islamici basta convertirsi o contrarre un matrimonio misto per rischiare la lapidazione. In passato l’inquisizione non ha perdonato ché col fuoco le opinioni diverse da quelle riconosciute dalla Chiesa.

In sintesi, la croce e le altre macchine di morte sono i simboli, declinati storicamente, della mancanza di libertà nella società. E quando non c’è libertà non è più possibile perdonare. Cristo è dovuto risorgere dai morti per perdonarci il giudizio senza perdono.