“La morte è ingoiata dal di dentro”.
Ogni anno la festa di Pasqua suscita in noi sentimenti molto intensi, almeno in chi vive ogni giorno a contatto con la Parola di Dio e i Sacramenti.
Essa si connota per una forte componente umana, data dalla morte di Gesù, dalla sua sofferenza, dall’ingiustizia della sua condanna, ma anche da un inspiegabile elemento soprannaturale che è dato dalla Risurrezione, che è sempre difficile da spiegare e i cui tratti sono molto complessi da comunicare.
Gesù viene chiuso in un freddo sepolcro di pietra: è buio, la pietra rotolata sul davanti chiude ogni spiraglio. Il buio sembra essere la fine di tutto: la morte che divora la vita, il male che divora il bene, il peccato che divora la grazia.
Era proprio necessario che Gesù scendesse dal suo trono regale e fosse appeso al patibolo della croce, per mostrare l’amore di Dio verso l’uomo? Sì era necessario, perché la morte fosse sconfitta, ingoiata dal di dentro, fosse annientato il suo pungiglione, cioè il peccato.
Una volta ingoiata la morte la luce ha potuto ancora squarciare il buio, ha rotolato via la pietra, ha scardinato il male, il peccato.
Con questa grande speranza anche noi possiamo lottare per scardinare le strutture del male che tengono al buio le nostre famiglie, la nostra economia, le nostre relazioni.
La scelta di Gesù, di “imparare l’obbedienza dalle cose che patì”, di consumarsi fino alla fine, di scendere fino al fondo, ci insegna a lottare sempre per il bene, a non rassegnarci al male, alla corruzione, alla disonestà, a non soggiacere al peccato.
Se saremo capaci di sforzarci, di seguire il suo esempio, di lottare, ma con mitezza, mansuetudine, pazienza, con grande speranza, riusciremo a “ingoiare il male dal di dentro” e a trasformarlo in bene.
È l’augurio del vescovo per tutti, per i credenti, per i dubbiosi, per i “lontani”: insieme possiamo rinnovare la società, alla luce della Pasqua, e portare a tutti la gioia del Risorto.