Qualche anno fa una fortunata e intelligente pubblicazione aveva per titolo: “La bisaccia del pellegrino”. Voleva essere un modo per riflettere sulle scelte della vita, quell’andare con il minimo indispensabile – “nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura” leggiamo nel testo domenicale di Marco – avendo con sé l’unica indispensabile lettura, cioè il Vangelo. “Quello che non mi serve, mi pesa”, diceva Madre Teresa di Calcutta alla persona che voleva lasciarle in dono una casa per poterla destinare, in futuro, all’accoglienza di donne sole e di bambini orfani. Il pellegrino nel suo andare è preferibile che non abbia inutili fardelli, pesi in grado di affaticarlo e rallentare così la sua andatura. È un andare senza sicurezze, sprovveduti di tutto; solo il bastone, i sandali e una sola tunica. L’essenzialità che Francesco, il poverello di Assisi, abbraccia spogliandosi dei suoi beni, delle sue ricchezze. L’essenzialità che Papa Francesco ripropone sin dai suoi primi interventi all’indomani della sua elezione, quando, ad esempio, nella piccola parrocchia vaticana di Santa Marta ricorda le parole di sua nonna: il sudario non ha tasche; non ho mai visto dietro un funerale il camion dei trasporti.
In questo testo di Marco interessante è l’uso dei verbi che l’evangelista propone, verbi che indicano movimento: li chiamò a sé; li mandò a due a due; ordinò loro di prendere per il viaggio; entrare in una casa; andatevene se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero. Insieme all’essenzialità, il movimento contraddistingue il pellegrino: non si può testimoniare restando fermi, immobili.
Commentando, all’Angelus, il brano del Vangelo, Papa Francesco si sofferma sullo stile del discepolo, del missionario, che, dice, “possiamo riassumere in due punti: la missione ha un centro; la missione ha un volto”. Il centro è la persona di Gesù e “l’andare e l’operare dei dodici appare come l’irradiarsi da un centro, il riproporsi della presenza e dell’opera di Gesù nella loro azione missionaria”. Parlano e agiscono “in quanto inviati, messaggeri di Gesù”. Una testimonianza che tutti i battezzati devono fare propria. “Non è un’iniziativa dei singoli fedeli, né dei gruppi, e nemmeno delle grandi aggregazioni, ma è la missione della Chiesa inseparabilmente unita al suo Signore. Nessun cristiano annuncia il Vangelo ‘in proprio’, ma solo inviato dalla Chiesa che ha ricevuto il mandato da Cristo stesso. È proprio il Battesimo che ci rende missionari. Un battezzato che non sente il bisogno di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù, non è un buon cristiano”.
Bella in proposito l’immagine descritta da Marco: li chiamò a sé e li mandò a due a due. Come dire, sinonimo dell’essere testimoni è la condivisione, il camminare assieme. Questo anche perché di fronte ai possibili insuccessi – “se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere dai vostri calzari” – bisogna avere la forza di andare avanti. Può accadere che il messaggio non venga accolto, ricorda Papa Francesco. “Anche questo è povertà: l’esperienza del fallimento. La vicenda di Gesù, che fu rifiutato e crocifisso, prefigura il destino del suo messaggero”. E aggiunge: “Solo se siamo uniti a lui, morto e risorto, riusciamo a trovare il coraggio dell’evangelizzazione”.
La seconda caratteristica, il “volto”, del missionario, afferma ancora il vescovo di Roma, ai 15mila fedeli convenuti in piazza san Pietro, è la povertà di mezzi, un criterio di sobrietà: “Il maestro li vuole liberi e leggeri, senza appoggi e senza favori, sicuri solo dell’amore di lui che li invia, forti solo della sua parola che vanno ad annunciare. Il bastone e i sandali sono la dotazione dei pellegrini, perché tali sono i messaggeri del regno di Dio, non manager onnipotenti, non funzionari inamovibili, non divi in tournée”. Non militanti o propagandisti ma testimoni; non funzionari o imprenditori ma “semplici, umili lavoratori nella vigna del Signore”, per ricordare le parole con le quali Benedetto XVI si è presentato, in piazza san Pietro, il giorno della sua elezione a successore di Papa Giovanni Paolo II.