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La comunità liscianese saluta la “colonna” Rosina Faraglia

È voluto partire proprio da questa immagine don Zdenek Kopriva nel commemorare quella che era davvero la “colonna” della comunità cristiana liscianese: Rosina Faraglia, definita tale quando, il 28 marzo tre anni fa, avevano festeggiato i suoi novant’anni, e quest’estate salutata da una commossa folla di parrocchiani.

Chi non conosce la “colonna” di Lisciano, il pezzo di granito che una volta aveva funzione di scandire la distanza? Quella, per intenderci, da cui parte la Coppa Carotti. Appena all’inizio del paese, salendo da Vazia. Ed è voluto partire proprio da questa immagine don Zdenek Kopriva nel commemorare quella che era davvero la “colonna” della comunità cristiana liscianese: Rosina Faraglia, definita tale quando, il 28 marzo tre anni fa, avevano festeggiato i suoi novant’anni, e quest’estate salutata da una commossa folla di parrocchiani in quella che era la “sua” chiesa che, dopo averla vista per anni e anni al suo servizio, di Rosina ha accolto la celebrazione delle esequie.
«Nell’architettura tante cattedrali sono state costruite con il sostegno delle colonne, oggi queste colonne sono costruite con il cemento armato una volta erano di pietra e scolpite di un pezzo», ha detto il parroco di Vazia, parrocchia che dalla riforma del 1987 raggruppa tutta la zona alle pendici del Terminillo: Vazia-Madonna del Passo, Lugnano e appunto Lisciano.  Lo ha detto, nell’omelia della Messa funebre, pensando a questa donna che della chiesa di S. Maria del Soccorso, e della comunità che vi si radunava in preghiera, era appunto la colonna portante: «Quando penso al Rosina mi viene proprio questa immagine, una donna scolpita di un pezzo, la quale regge  intera comunità  come un granito, una madre, padre, fratello, sorella. Sempre nella ricerca della volontà di Dio».
La pulizia, la cura della biancheria e delle sacre suppellettili, il controllo delle campane e del funzionamento di tutto, il conteggio delle offerte: tutto passava sotto gli occhi attenti e le mani operose di chi definire semplice sagrestana sarebbe stato troppo poco. Rosina, ha detto ancora celebrante «era una donna virtuosa, tenace, testarda ma tanto generosa. Un pilastro di questa piccola comunità, un’autorità indiscussa, morale e pratica. Era mossa del amore verso il prossimo verso Dio e particolarmente verso la Madonna, con un senso del dovere elevatissimo con una umiltà e rispetto che sarà difficilissimo ritrovare». Il tutto con spirito di puro servizio e umiltà, perché «in lei non c’era non alcun desiderio di potere».
Ancora, «una donna intelligente, dotata di gran senso pratico pur nella sua istruzione molto elementare». E ricca di altruismo e attenzione ai bisogni dell’altro: «Aiutava tutti, senza guardare se venivano a Messa e no. Quando veniva a sapere che qualcuno stava in difficoltà, lei lo aiutava e sollecitava gli altri ad aiutarlo». Donna saggia nella sua semplicità: «Dava consigli giusti e dettati dalla propria vita vissuta. E le sue ferite le viveva senza il rancore». Donna sincera: «Era diretta quando ti doveva dire qualcosa, ma mai sgarbata». E meticolosa nella cura della casa di Dio: «Lasciatemi dire se la chiesa di Lisciano ha le sue tovaglie e altre cose è grazie, non prescindibilmente, a Rosina». Infine, donna straordinaria nella sua ordinarietà: «Rosina del suo ordinario e semplice vivere ne ha fatto la sua semplice e onesta vita: una vita ordinaria vissuta in modo straordinario».
Quando avevano festeggiato i suoi novant’anni, ci avevano tenuto a ribadire come era grazie a Rosina se «oggi la chiesa di Lisciano, pur facendo riferimento alla parrocchia di Vazia, mantiene attive quasi tutte le attività religiose di sempre, delle quali lei si occupa quotidianamente e instancabilmente, con la grinta di chi prova un amore vero per quello che sta facendo». Nell’affidarla all’amore misericordioso di Dio accompagnandola all’ingresso nella liturgia celeste, non poteva mancare la gratitudine di un’intera comunità che ha avuto in lei un po’ la mamma e la nonna, la consigliera di tutti.