Nel bel mezzo di tante criticità la terza edizione di “Rieti Città amica dei Bambini” si annuncia come un successo.
Ha preso il via l’11 maggio e andrà avanti fino al 26 del mese la terza edizione di “Rieti Città amica dei Bambini”. Promossa dal Comune di Rieti, assessorato alle Politiche Socio-sanitarie, con il patrocinio della Regione Lazio e l’egida dell’Unicef, l’iniziativa comprende 120 attività dislocate in tutta la Città per 15 giorni dedicati all’infanzia e all’adolescenza.
A dispetto delle diverse – e spesso pesanti – difficoltà politiche ed economiche aperte sul tavolo dell’Amministrazione, il discorso sulla città dei bambini sembra tra le cose più riuscite della Giunta Petrangeli.
Ad esempio è uno dei progetti nella cui realizzazione la tanto invocata “partecipazione” pare aver trovato una dimensione concreta. Grazie a quella «volontaria e gratuita di oltre 50 associazioni, di tanti Enti e istituzioni, dei ragazzi del Servizio civile – si legge nella nota di presentazione – la città di Rieti sarà animata dal centro alla periferia, dai parchi alle scuole, variando fra arte, gioco, musica, cultura, momenti dedicati alla riflessione e all’approfondimento, natura e sport».
Non sarà la perfezione, ma dimostra che se davvero si lascia alla città la possibilità di metterci del suo, qualcosa di buono arriva. Che questo accada per le attività i bambini, ma molto meno per le faccende dei grandi lascia pensare. E il dubbio è che dietro ad una certa ritrosia si agiti una qualche tendenza al masochismo politico.
Ma di questo parleremo a parte. Per il momento soffermiamoci su quello che funziona. Ad esempio sul fatto che “Rieti Città amica dei Bambini” sembra aver scampato il pericolo di trasformarsi in una sorta di ludoteca itinerante. Ovviamente il gioco è rimasto in posizione centrale, ma sembra davvero contare di più il confronto con le opinioni, le esigenze e le aspirazioni dei più piccoli.
È un’ottima cosa, perché ad oggi Rieti è una città amica dei bambini solo a parole: nelle intenzioni e nei desideri. Persino queste due settimane pensate apposta, infatti, i ragazzini le vivono accompagnati e in percorsi protetti. Segno che la città rimane un ambiente piuttosto ostile, difficile da vivere, diffusamente inappropriato all’infanzia. Qualche giorno indietro ce lo faceva notare un amico che se ne intende: «se non vediamo più i bambini nelle piazze e nelle strade, è perché non ci sono più né le strade, né le piazze!»
Ma di questo sembra rendersi onestamente conto anche l’assessore alle Politiche socio-sanitarie Stefania Mariantoni. In una nota alla stampa ammette che «investire sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza vuol dire pensare ad una città diversa, una città che includa i bisogni di tutti e che deve fare e ospitare una cultura nuova».
Anche se poi, forse disperando della capacità di riscatto delle generazioni attuali, più che sollecitare un impegno immediato la città amica dei bambini sembra puntare su una sorta di prospettiva educante, costruita sul «rispetto dei principi fondamentali e dell’ambiente» il cui scopo è tracciare «un filo comune per sensibilizzare i ragazzi di oggi, donne e uomini che un domani dovranno difendere e tutelare valori inestimabili per il nostro territorio».
La direzione è giusta, ma il sole di domani ha il difetto di non illuminare la città di oggi. “Rieti Città amica dei Bambini” ha certamente tanti meriti, ma tra questi ancora manca la capacità di risolvere i problemi dei giovani cittadini dei nostri giorni. Ed alla fine si ha l’impressione che l’intero discorso rischi di essere ascritto al fronte della rappresentazione più che a quello della sostanza.
È vero che i cambiamenti richiedono tempo e che 15 giorni tutti dedicati ai bambini non sono da buttar via. Questo però non cancella i problemi dei bambini di Rieti dagli altri 350 fogli di calendario. Ma di questo, forse, è meglio tacere. Altrimenti si corre il rischio di fare la figura degli incontentabili…