La CEI e le attese della gente

Prolusione all’assemblea generale della Cei in Vaticano del Card. Bagnasco.

“Nessun credito da parte di alcuno può essere dato a coloro che, comunque travestiti, usano violenza e perpetrano crimini”. È il monito lanciato dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione alla 64ª assemblea della Cei, che si è aperta oggi in Vaticano (testo integrale in *.pdf: clicca qui). Nella parte finale, il cardinale si è riferito ad alcune “minacce” che “ci stanno insidiando” e sulle quali “si sta puntando un’assidua vigilanza, insieme alla massima attenzione per prevenire e perseguire gli autori e i fiancheggiatori di violenza”. “A Brindisi – ha ricordato – c’è stato un attentato mortale in cui ha perso la vita una giovane, Melissa Bassi, e sono state ferite altre cinque allieve. Nella mia Genova, c’è stata la gambizzazione di un alto dirigente aziendale, Roberto Adinolfi”. “Lasciando agli inquirenti le conclusioni di competenza – le parole del cardinale – è inevitabile fare collegamenti col passato e intravvedere ombre eversive che cercano di pescare nel torbido di disagi e paure per destabilizzare la vita sociale”. Secondo il card. Bagnasco, l’Italia “ha un’indole di equilibrio e misura”, e “non tende di per sé a eccessi né a estremismi”: per questo “l’intera nazione deve isolare, con sdegno compatto e univoco, coloro che sbandierano false e mortifere utopie”, senza permettere “che questi servi della violenza ci intimidiscano e ci assoggettino al terrore”.

Si doveva cambiare, si deve cambiare.

“Si doveva cambiare. Si deve cambiare”. In questo contesto s’inquadra “l’iniziativa governativa di messa in salvo del Paese, in grado di congiurare il peggio”. È l’analisi dell’attuale scenario politico tracciata dal card. Bagnasco. “Mai come oggi i cittadini sono consapevoli che si è definitivamente interrotto un ciclo economico e sociale, e che il nuovo sarà comunque diverso”, ha esordito il cardinale, che ha ricordato “lo scenario di appena alcuni decenni fa, quando l’Italia ansimava per farcela e lottava per raggiungere, passo dopo passo, il posto che oggi occupa tra le nazioni più sviluppate del pianeta”. Allora, “la parola d’ordine che ispirava un’intera generazione era: lavorare, sacrificarsi, crescere. Non si badava alla fatica, si facevano sacrifici inimmaginabili, ma si correva insieme”. A un certo punto, poi, “la crescita ha iniziato a identificarsi col consumismo, e il consumismo cominciò a basarsi in misura crescente sul debito, un debito collettivo che diveniva nel frattempo sempre più straripante”. Noi, intanto, “pensavamo che fosse possibile crescere sempre, in avanzamento continuo e illimitato”, finché “non è arrivato il momento della verità”, e la crisi “è deflagrata nella forma più grave di crisi di sistema, qualcuno parla addirittura di crisi di civiltà”. Il card. Bagnasco ha poi stigmatizzato “episodi nuovi di comunicazione selvaggia” che “si sono ancora una volta manifestati nel sistema mediatico”. “Ci addolora, e molto, che affiori qua e là una sorta di gusto a colpire la Chiesa, quasi che ne potesse venire un qualche vantaggio”, le parole del presidente della Cei, che li ha definiti “atti criminosi”.

Cambiamento epocale.

Teorizzando la necessità di un “cambiamento epocale”, il cardinale ha stigmatizzato in politica “l’incertezza dei partiti” e il “latrocinio”, perché “ogni corruzione è un tradimento del bene comune”. La gente, invece, “aspetta di vedere dei segni concreti, immediati ed efficaci” e vuole “recuperare nonostante tutto la piena fiducia nella politica e nei partiti”. Per il card. Bagnasco, “le astensioni dalle urne, le schede bianche, le schede nulle sono un messaggio chiaro da prendere sul serio”, ma “perché lo scoramento e la disaffezione non prevalgano, occorre che la politica si rigeneri nel segno della sobrietà e della capacità di visione”.

Lavoro, lavoro, lavoro.

In Italia “c’è bisogno di lavoro, lavoro, lavoro”. Lo ripete tre volte, questo sostantivo, il card. Bagnasco. I giovani, in particolare, “devono finalmente ricevere dei segnali concreti, che vadano oltre la precarietà, la discriminazione, l’arbitrarietà”, attraverso “misure necessarie” che comportino, oltre alla tutela dei loro diritti, anche “una scrupolosa revisione delle garanzie, che non possono valere per determinate fasce”. In particolare, per il presidente della Cei, c’è da superare “un costume insano che sta prendendo piede, persino in certe campagne pubblicitarie, secondo il quale si è spinti a spendere per i propri consumi ciò che non si è ancora guadagnato”. “indebitarsi per fare una vacanza, o per avere in casa un oggetto superfluo, è segno di un modo di concepire la vita distorto, triste e pericoloso”, ha ammonito il cardinale, secondo il quale “il dramma dei suicidi di persone che si sentono schiacciate dalle responsabilità aziendali o familiari, spesso da debiti per i quali non hanno colpa, è un fenomeno che interroga e inquieta”, e del quale “vanno appurate con diligenza le cause e vanno approntati ‘sportelli amici’ a cui possa rivolgersi con fiducia chi è disperato”. Infine, un appello agli istituti bancari, perché mostrino “solidarietà delle piccole aziende e delle famiglie”, e agli imprenditori a “ripensare la facile strategia delle localizzazioni”.

La “grande aula” e l’Europa.

Il presidente della Cei ha paragonato il nostro Paese a una “grande aula” in cui si deve “fare i conti con il limite”, imparando la “lezione sul servizio”, che comporta la necessità di “rompere il cerchio mortale dell’individualismo” per “ricostruire la cultura dei legami che si esprime nella famiglia, nel vicinato, nell’amicizia, nei luoghi del lavoro”. Per l’Europa, il card. Bagnasco ha parlato di “crisi dell’uomo europeo” e ha auspicato “un’autocritica condotta a partire dal momento in cui si abbandonò il termine di comunità per quello più banale di unione, e si censurarono le radici cristiane”. No, infine, al “divorzio breve”, che “contraddice gravemente qualunque possibilità di recupero e rende complessivamente più fragili i legami sociali”.

Il ruolo della parrocchia e un richiamo al Concilio.

Riflettendo sul ruolo della parrocchia, il card. Bagnasco ha detto: “Tutto lascia sperare” che nella parrocchia “si trovi quanto è necessario per la riscoperta della vita spirituale”. La parrocchia, dunque, “come via alla Chiesa. La parrocchia con la sua accessibilità e ordinarietà, ma anche con un suo rinnovato flusso di calore”. Per il cardinale, “le nostre parrocchie sono cellule di evangelizzazione anzitutto mettendo un’anima missionaria nelle cose ordinarie”. Non solo: “La rinnovata vivacità delle parrocchie è grembo di vocazioni sacerdotali, così come le aggregazioni ecclesiali”. Ricordando il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, il cardinale ha sottolineato: “Ci accostiamo al giubileo conciliare con il passo consapevole di chi vuol far memoria di una stagione straordinaria della vita di Chiesa”. Per il card. Bagnasco, infatti, “il Vaticano II è ‘un autentico dono di Dio’, dal quale certo non intendiamo staccarci. Con l’intenso afflato pastorale che in esso si respira, intendiamo in questi frangenti metterci a fianco dei nostri concittadini e, se anche non fosse possibile convincerli su Gesù Cristo e la Chiesa, essere loro almeno solidali ed amici”.