Cultura

Iskra canta il suo onirico Lucio, «l’uomo infinito»

La storica corista di Dalla esce con un brano dedicato al suo mèntore, con un videoclip che ne fa un cartoon: «Ho messo in musica un sogno in cui m'è apparso, ma stando con lui ho realizzato il mio»

Cinquant’anni fa, proprio in questi giorni, era tra i protagonisti del primo Festival di musica d’avanguardia e di nuove tendenze a Torre del Lago. Si respirava aria di rivoluzione sonora e Iskra Menarini era l’esordiente cantante dei bolognesi Tombstone. Vinsero Mia Martini con la durissima e censurata Padre davvero, gli Osanna e la Pfm. Iskra fece però centro tre lustri dopo. A premiarne la voce, Lucio Dalla, alla ricerca di timbro e colore nuovi per i suoi concerti e i suoi dischi. Da allora la «più grande cantante soul italiana», come era solito dire presentandola al pubblico, con suo grande imbarazzo, ne fu sempre al fianco come corista, solista e grande amica. Indimenticabile il coreografico balletto che accompagnava l’esecuzione di Attenti al lupo con lei da un lato e Carolina Balboni dall’altro: in mezzo Lucio, che in quell’autunno del 1990 aveva fatto storcere il naso a molti con quel divertissement da record di vendite.

Ora Iskra torna a ringraziare e a celebrare il suo mèntore e lo fa con un brano, L’uomo infinito, uscito da un suo sogno e diventato un Lucio cartoon (il videoclip, per la regia di Stefano Mazzoni, è stato girato a Bologna, nei luoghi più cari a Dalla, partendo dalla sua casa-museo di via D’Azeglio, ora sede della Fondazione che porta il suo nome). «Mi sono fermata un anno finché una notte ho sognato Lucio, che mi diceva: “Ti ho lasciato una bicicletta, senza pedali, ma i pedali li dovrai mettere tu”. Mi sono svegliata – racconta Iskra – e ho pensato che Lucio fosse l’uomo infinito. Ho scoperto che potevo scrivere sia i testi che le melodie dopo aver incontrato Lucio Dalla… io che facevo il blues. Sono partita da quel sogno ed è nato un brano dedicato proprio a Lucio, nel ricordo che ho di lui quando lo vedevo a Bologna lungo la strada con i suoi cani».

Più di un quarto di secolo assieme, Dalla e Iskra, con quella “k” recuperata dopo che il sacerdote che la battezzò preferì trasformarla in una più dolce “c”. «Come secondo nome mi venne poi messo Maria – spiega la cantante emiliana – e ne sono felice, perché io sono innamorata della nostra Madre. Dedicata alla Madonna ho scritto anche una canzone che si intitola Silenzio, un’Ave Maria cantata insieme al Piccolo Coro dell’Antoniano. Io, Maria, l’ho sentita vicina e conosciuta proprio cercandola. Anche Lucio era molto credente e andavamo spesso a messa insieme, quante volte nella basilica di San Domenico a Bologna».

Ex allieva di canto lirico, Iskra Menarini nella sua lunga carriera ha spaziato su ogni versante musicale e il singolo ora pubblicato (scritto insieme a Manuel Auteri, Marcello Balestra e Renato Droghetti, con la partecipazione di Gergo Morales e del coro “Giuseppe Verdi” diretto da Marco Tartaglia) è un mix di sonorità pop, una sorta di eredità del Dalla più sperimentatore. «Cantavo rock e blues con i Tombstone – rievoca Iskra il primo contro con il cantautore bolognese – e ricordo che Lucio venne a sentirci. Stava cercando una voce femminile e fu Gaetano Curreri a suggerirmi di dargli il mio numero di telefono. Dopo tre giorni mi chiamò e mi fece il provino. Mi prese e fui subito pronta per tre concerti che erano imminenti. Dopo il primo, mi disse che sarei stata del gruppo. Così per la contentezza mi feci di corsa tutto il giro di campo: eravamo in uno stadio. Poco dopo ci fu il grandioso tour con Gianni Morandi che durò quasi due anni. Sono fin da subito entrata a far parte del mondo di Lucio, io unica donna in mezzo a soli uomini, tra band e staff. Ma Lucio mi portava in un palmo di mano, mi ritagliava sempre uno spazio anche da solista per regalarmi gli applausi del suo pubblico, come quella volta che ho cantato al Madison Square Garden per Dallamericaruso. O quando nel ruolo di Sidonia aprivo la sua opera Tosca, amore disperato cantando e introducendo l’aria più importante. Lucio amava la vita e la gente ed è stato altrettanto profondamente amato».

Ora quell’«uomo infinito» è diventato un cartoon, come lui stesso amava definirsi fin dai tempi del suo esordio in tv con il programma per ragazzi del 1970 Gli eroi di cartone. «Lucio era come un cartone animato vivente, ecco perché nel video di questo mio nuovo brano l’ho voluto rappresentare così, con un’immagine che vuole evocare la sua infinita creatività e fantasia».

da avvenire.it