Incarichi gratuiti: la posizione ufficiale del Comune

Le recenti dichiarazione di alcuni Consiglieri di minoranza e del Comandante della Polizia municipale, in merito alla legittimità dei decreti sindacali di collaborazione gratuita, si fondano su un equivoco che poteva essere sciolto qualora gli stessi, nel caso in cui avessero avuto dubbi sulla legittimità degli atti in questione, si fossero recati a chiedere informazioni al Sindaco, al Segretario generale o al Dirigente del personale.

In particolare viene confuso il lavoro a titolo gratuito (assunzioni o collaborazioni coordinate e continuative), evidentemente vietato per la tutela della dignità della persona, con la diversa figura del contratto di liberalità di cui all’art. 769 del Codice Civile. Si tratta di contratti in uso presso moltissimi enti locali, dovuti anche alle difficoltà finanziarie in cui versano, in cui l’elemento caratterizzante è lo spirito di liberalità, cioè la volontà della persona di offrire – “donare” – la propria prestazione professionale per partecipare alla realizzazione di un progetto, di un’idea sociale o umanitaria.

Nel caso specifico appare opportuno chiarire, innanzitutto, il numero di decreti firmati (14 e non 21). Nei contratti, inoltre, è ben specificato che il personale accetta formalmente di svolgere tali prestazioni a titolo gratuito, fornendone apposita liberatoria. Risulta, chiaramente, che non vi è: stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente; vincolo di subordinazione gerarchica; determinazione dell’orario di lavoro; sottoposizione al potere di controllo del datore di lavoro. E che nella prestazione resa il personale non è soggetto a: ordini di servizio o atti simili; esclusività della prestazione; obbligo di rispetto di orario di lavoro né controllo degli stessi. Tutto questo, naturalmente, non comporta future stabilizzazioni o possibili rivendicazioni a tal fine.

Sulla legittimità di queste forme di liberalità si è già pronunciata l’Anci, proprio a seguito di un quesito di un Comune del Lazio, e gli esempi pratici di questi contratti sono numerosissimi (vedi anche parere Regione Piemonte 81/2009). I contratti su cui si dibatte, e in nome dei quali sono state afflitte violenze verbali e comportamentali, rientrano proprio in questa fattispecie e presentano letteralmente tutti i requisiti e gli aspetti elencati.