Inalca, riflessione riservata a spiriti liberi e giornalisti

foto produzione inalca

Riflessione dei giorni nostri, riservata a spiriti liberi e giornalisti.

Capitolo 1

A Rieti c’è un popolo di disperati senza lavoro che non si organizzano e non si ribellano solo perché da queste parti la capacità di sopportazione e di adattarsi al disagio, di cercare forme di sostentamento alternative, quali che siano, (forse) è forte.

Lo abbiamo scoperto in questi giorni, dopo che si è diffusa la notizia della necessità, e quindi della richiesta, di personale in una azienda del posto.

È prassi da queste parti ricorrere, “lu piacerucciu,” ed allora centinaia di contatti, di telefonate ricevute, ma lo sfondo è, e resta, quello della disperazione.

C’é un’altra considerazione che va fatta, dai contatti che abbiamo ricevuto, abbiamo scoperto che, nel corso anni, alcuni soggetti, che godono della copertura e della protezione di non sappiamo chi, hanno gestito e lucrato su un mercato del lavoro (grigio) che, manipolando e gestendo il collocamento di personale, “magheggiando” con una varietà di forme cooperative si è aggiudicato molti appalti pubblici e privati di Rieti.

Quello che abbiamo scoperto era semplice, tu hai bisogno di lavorare, io (che ho preso l’appalto) ti assumo e ti faccio entrare in questa fabbrica, piuttosto che in quell’ufficio, come socio di una cooperativa che non esiste, il salario è basso, il riconoscimento dei diritti più basso ancora, ma se entri nel giro, prima o poi, conoscenza per conoscenza, magari un posto di lavoro normale esce fuori. E invece no, ovviamente, è lo stesso meccanismo della lotteria e del gioco per vincere soldi. Gli unici a guadagnarci sono i “gestori”.

E spesso dentro la fabbrica o l’ufficio c’è il terminale che ha favorito la aggiudicazione dell’appalto.

Tutto questo non è avvenuto nell’ombra, ma, come a Scampia, tutti sanno e tutti sapevano, anzi come nelle migliori storie di camorra esiste un’area grigia che è quella di chi, istituzioni e sistema di rappresentanza politica e anche (purtroppo) sindacale, hanno ricorso a questo ufficio di collocamento, lo hanno usato come strumento di consenso, tanto nella giostra di chi sale e chi scende, alla fine tu, da solo, non ricordi che lavoravi per un mese con seicento euro e senza contributi, alla fine, é inevitabile, ricordi, quello che ti ha trovato “u lavuru”.

Capitolo 2

A Rieti i disossatori industriali, che poi in realtà sono degli artigiani al servizio della industria, non sono secondi a nessuno.

Parliamo di quella professionalità che risulta dal combinato disposto di saper effettuare con grande perizia una serie di operazioni, in punta di coltello, dentro il processo di produzione industriale della lavorazione e trasformazione della carne.

A Rieti quella dei disossatori è stata una scuola, principalmente cresciuta dentro ed intorno alla fabbrica che oggi conosciamo come Inalca; oggi a Rieti mancano i disossatori; ci sono una pletora di disoccupati, ma mancano i disossatori.

A Rieti negli anni sono arrivati tanti soldi per la formazione professionale, abbiamo visto corsi messi su da Regione Lazio e Provincia dove, (purtroppo) a chiedere la raccomandazione erano gli istituti che tenevano (a pagamento) i corsi, una raccomandazione a rovescio rivolta a quanti fossero in condizione di trovare ed indirizzare persone per riempirei corsi.

Spesso è capitato che quei corsi andassero deserti.

Capitolo 3

C’è una fabbrica a Rieti, la Inalca, che è l’unica che da quanto ne sappiamo, che sta incrementando la propria attività.

Ed è una fabbrica che ci attrae più delle altre, ed è una singolarità, non punta a competere abbattendo diritti dei lavoratori e costo del lavoro, ma ha bisogno di professionalità, applica i CCNL e contratta gli integrativi di secondo livello.

La Inalca di oggi è per noi un modello.

Una obiezione giriamo agli amministratori della cosa pubblica, cosa state aspettando per mettervi al servizio dei bisogni delle persone e delle imprese?

Le persone hanno bisogno di trovare lavori qualificanti e giustamente pagati, le imprese sono disposte a pagare il giusto di fronte a una prestazione qualificata.

Sara mica questa una deriva socialdemocratica?

O forse è semplicemente un po’ di buonsenso!