Il vescovo: la “Resurrezione” di Kokocinski attira l’attenzione su ciò che è decisivo

«Ogni vero artista ha sempre tra le sue opere la Crocifissione, più di rado, la Risurrezione». Guardando alla “Resurrezione” di Alessandro Kokocinski – donata dall’autore alla comunità di Labro e collocata nella Chiesa Santa Maria Maggiore – il vescovo Domenico ha spiegato che «la prima colpisce per l’intenso e crudo realismo, la seconda impressiona per la straordinaria visionarietà».

Ma il valore dell’opera va oltre la dimensione estetica: «è preziosa perché attira l’attenzione su ciò che è decisivo nella fede cristiana». Ed infatti pare indicare la risposta alla domanda di San Paolo nella celebre lettera ai Romani: «Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» Una risposta compiutamente definita «solo grazie alla pasqua di morte e di risurrezione». Non si dà l’una senza l’altra: «Solo la resurrezione illumina di senso la passione e non è pensabile una croce senza resurrezione, come del resto una resurrezione senza croce. L’uomo Gesù che nell’attimo della resurrezione l’artista sembra evocare più che descrivere – ha detto il vescovo – è il ‘segno’ che va sempre di nuovo compreso se si vuol comprendere l’urgenza di convertirsi a Dio. Lui solo è capace di cambiare il cuore dell’uomo confuso e malato. Lui solo è in grado di restituirgli vita e vitalità».

Infatti è «per una forza che viene al di fuori di sé» che «il corpo di Gesù diventa e si trasforma in altro. È il dono dello Spirito. “Siano rese grazie a Gesù Cristo”, dice San Paolo, perché solo grazie a Lui la vita torna dove era assente o debole o minacciata. E invita a sperare anche nella nostra resurrezione».