Giugno Antoniano Reatino

Il vescovo: imparare da sant’Antonio «la speranza che spinge e non blocca»

Rivolgendosi alla città al termine della Processione dei Ceri, il vescovo Domenico ha voluto sottolineare il senso del lungo cammino compiuto nel nome di sant’Antonio

Rivolgendosi alla città al termine della Processione dei Ceri, il vescovo Domenico ha voluto sottolineare il senso del lungo cammino compiuto nel nome di sant’Antonio. «Nella sua vita – ha notato mons Pompili – è sempre stato orientato in una direzione che lo ha spinto in avanti, senza mai tornare sui suoi passi: da Lisbona, dove nacque, a Coimbra dove studiò; dalla Sicilia, dove fece naufragio, a Padova, dove visse fino alla morte».

La lezione, è che «la vita è autentica quando ha una direzione e non si trasforma in un ‘gioco dell’oca’, dove si ritorna sempre al punto di partenza». Come quando «non ci si decide mai a chiudere i conti col passato», che inevitabilmente «sta dietro di noi con le sue irrisolutezze, le sue linee spezzate». Ma voler far tornare i conti col passato «è una perdita di tempo che ci estrania dal presente e ci distrae da quello che è veramente urgente». È bene dunque «non indugiare rovistando tra l’infanzia o l’adolescenza»: occorre invece aprirsi «risolutamente al presente che ci è dato e che passa velocemente».

«Si torna indietro anche quando si pretende di leggere la condizione odierna alla luce di quella di ieri, magari edulcorando il passato come fosse l’età dell’oro», ha aggiunto il vescovo, ponendo una serie di domande: «Quante volte sento parlare della mitica Rieti degli anni ’70: tutta crescita e benessere! Ma si può vivere di nostalgie o di semplici ricordi? O piuttosto non ci è chiesto di fare i conti con la realtà, senza indietreggiare rispetto alle sfide ma anche alle opportunità di oggi? Invece di piagnucolare su ciò che è finito, non sarà il caso di avviare qualche nuovo progetto, con un pizzico di creatività e di risolutezza?».

C’è poi ancora un modo di tornare indietro, «ed è la questione più radicale: quando si pretende di fissare quaggiù la nostra dimora definitiva. Per questo Gesù, e dietro di Lui Antonio, non hanno ‘nidificato’ su questa terra ed hanno avuto il piede svelto di chi non si lascia immobilizzare da niente».

«Per poter camminare a andare avanti – ha esortato il vescovo – occorre essere mossi da una speranza che spinge e non blocca. E questa spinta non può venir da noi, ma soltanto da Dio. È Lui che ci attrae a Sé e ci spinge oltre questa dimensione storica e limitata verso il futuro che, a dirla tutta, è l’altro nome di Dio, mentre quello dell’uomo è solo il passato».

La grazia da chiedere a sant’Antonio è allora un aiuto «a non tornare mai indietro, ma ad andare avanti e così annunciare il Vangelo. Come dice un poeta indiano, infatti: “Stolto che porti te stesso sulle tue spalle, mendicante che vai a bussare alla porta di casa tua, è su altre porte che dobbiamo bussare e su ben altre spalle dobbiamo salire”».