È con un inedito intreccio del «celebre racconto della visitazione» (Lc 1, 39) con il romanzo On the road di Jack Kerouak che mons. Pompili ha rivolto all’Azione cattolica diocesana «un invito a riappropriarsi del suo specifico».
«Si alzò (si mise in viaggio) – ha spiegato don Domenico – è il verbo della resurrezione e non può essere inteso semplicemente come un gesto fisco che segnala un movimento esteriore. Qui si tratta di cogliere il non detto di questa parola che evoca la libertà di una donna che esce dalla casa natale per aprirsi all’incontro con Elisabetta. Maria è una giovane ragazza palestinese che va incontro ad una anziana cugina, ricca di vita, di sapienza, di attesa. E proprio grazie a lei capirà che cosa le sta accadendo».
Un’apertura di senso che risuona con l’«icona» del viaggio evocata della beat generation: «ha intercettato la forma di una società non più statica e chiusa in se stessa, ma aperta e dinamica. “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, ma dobbiamo andare”», ammette il protagonista di On the road. «Viaggiare però non è scontato. C’è chi ama viaggiare e chi lo fa ormai solo con virtual tour!»
«Nella Evangelii Gaudium – ha ripreso il vescovo – papa Francesco sogna una Chiesa “in uscita” (n. 24) e la descrive così: “È la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”. Prendere l’iniziativa (primerear) significa inventarsi qualcosa che dia il senso di una ripresa di proposta. I campi scuola che sono ricominciati quest’estate dopo anni di pausa sono un esempio convincente. Ma occorre continuare a non starsene con le mani in mano; ad osare anche il fallimento con qualche iniziativa che provochi ragazzi, giovani, adulti».
«È chiaro che questo non accade senza coinvolgimento personale, se si tratta di far quadrare i tempi con il lavoro, lo studio, il tempo libero. Senza avere questa generosità di spendersi però riesce difficile proporre qualche cosa. Solo così – ha aggiunto mons. Pompili – si diventa capaci di accompagnare cioè di farsi compagni per le vie di ogni giorno, condividendo anche i tempi vuoti e quelli morti. E perfino quelli bui. E da ultimo anche fruttificare perché tutta questa mole di attività creano sicuramente delle occasioni di crescita».
E in questi casi, ha sottolineato don Domenico, «bisogna pure saper festeggiare cioè rimarcare con il tono della festa e non del rimprovero e tantomeno della seriosità che allontana la gran parte della gente. Rischio, perdita di tempo, continuità sono gli ingredienti di chiunque voglia far uscire l’Azione Cattolica dalla stanchezza e della ripetitività».