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Il sogno è realtà. L’Italia elimina la Spagna ai rigori e vola in finale

Partita sofferta. Gli azzurri non si abbattono dopo essere stati raggiunti a pochi minuti dalla fine dei tempi regolamentari e ai rigori non falliscono l'obiettivo

Delirio azzurro a Wembley. Qui Londra, a voi Italia. L’Italia va in finale, la Spagna scende dalla giostra e si ferma qui. 120 minuti per fissare il risultato sull’1-1, gol Chiesa e Morata, due juventini, poi i rigori, ultimo atto di una semifinale che resterà nella storia.

Ecco la sequenza finale. Partiamo male, Locatelli sbaglia. Fermi tutti: Dani Olmo – il migliore in campo – calcia altissimo. Ristabilito l’equilibrio. Segna Belotti, Gerard Moreno lo imita. 1-1. Tocca a Bonucci. Che spiazza Unai Simon. Gol di Thiago Alcantara. 2-2. Implacabile Bernardeschi, Italia avanti. Donnarumma respinge il tiro di Morata. Il rigore decisivo tocca a Jorginho. Gol. Con il saltello, con una classe immensa. Italia in finale. Sarà la quarta finale in un Europeo per gli azzurri. Ma l’immagine più bella era arrivata prima dei calci di rigore. Mancini che sorride. Parla ai giocatori e sorride, li sgrava di ogni peso superfluo, consegna loro la leggerezza necessaria per presentarsi tranquilli davanti al dischetto.

Diciamolo: non è stata solo una partita, ma un film, teso, emozionante, crudele nel suo consegnare la verità all’ultima scintilla del fuoco, i calci di rigore. A giocare meglio è stata la Spagna, che ha dominato per un’ora, è stata trafitta dal raggio di sole di Chiesa e – con caparbietà, con qualità – ha ripreso in mano la partita, trovando il pareggio con una giocata di Morata. L’Italia è rimasta spiazzata dalla mossa iniziale di Luis Enrique, quella di schierare il «falso nueve» – nella tradizione virtuosa dell’idea di Pep Guardiola e della tradizione che ha fatto grande la Roja – togliendo a Bonucci e Chiellini un punto di riferimento e trovando la superiorità numerica a centrocampo. Poi si è ripresa, ha avuto dieci minuti di buon calcio dopo il gol di Chiesa, ma non ha saputo affondare il colpo del ko. A Wembley sono in sessantamila, il colpo d’occhio è da calcio pre-Covid. Prevalenza di italiani sugli spalti, di sicuro sono i più rumorosi.

L’omaggio a Raffaella Carrà arriva durante il riscaldamento, con gli altoparlanti che mandano a palla «A far l’amore comincia tu». La partenza dell’Italia è faticosa. A centrocampo – il piedistallo delle nostre vittorie – l’Italia è in affanno, la Spagna domina perché pressa altissima. La mossa manda in tilt gli azzurri. Verratti non trova le distanze, Barella fatica a recuperare palla, lì davanti Immobile litiga col pallone e scivola pian piano nell’abulia. La partita vive di strappi improvvisi, l’occasione migliore ce l’ha la Spagna. Dani Olmo vince un contrasto in mezzo all’area e calcia di prima intenzione, a salvare gli azzurri è Donnarumma: riflesso da gatto, manona aperta a deviare il tiro. Solo nel finale arriva il sussulto azzurro: Insigne libera Emerson sulla sinistra, il tiro dell’esterno sbatte sulla parte alta della traversa.

Nella ripresa la partita prende un altro respiro, più alto. Il gol dell’Italia arriva all’improvviso, ed è davvero un gioiello. Nasce nel solco della tradizione italiana, quella tanto abiurata del contropiede. L’azione parte addirittura da Donnarumma, passa per Verratti, accelera nel lancio in profondità di Insigne per Immobile. A quel punto la deviazione di Laporte – in anticipo sul nostro centravanti – favorisce l’inserimento di Chiesa. L’azzurro controlla sulla sinistra, si accentra e piazza – pure lui, come un destino che si compie – l’ormai celebre «tiro a giro», il marchio di fabbrica di Insigne.

Boato a Wembley. E’ il 2° gol per Chiesa all’Europeo, il 3° nelle sue 31 presenze in maglia azzurra. E’ passata un’ora e a questo punto la partita cambia pelle, diventa più frenetica. E a dimostrazione che il calcio è uno sport semplice – bisogna fare gol – quando Luis Enrique inserisce un centravatni di nome e di peso, Morata, il logorante e avvolgente tic-toc della Spagna riacquista un senso. Il gol del pareggio spagnolo è da manuale del calcio. A trenta metri dalla porta Morata chiede triangolo a Dani Olmo, scatta per ricevere il pallone, si porta a rimorchio tutta la difesa azzurra e – arrivato davanti a Donnarumma – lo trafigge con una rasoiata sul primo palo.

Ai supplementari la partita a scacchi si è trasformata in una battaglia di nervi. La stanchezza si è fatta sentire, sono aumentati gli errori in fase di impostazione. Cambiava ancora la sceneggiatura del film, cambiavano gli attori. Alla fine c’erano dodici giocatori subentrati in campo, una nuova compagnia di giro. Sono gli azzurri a rischiare di più, la difesa dell’Italia sbanda; eppure i più stanchi dovrebbero essere gli spagnoli, reduci da un ottavo (con la Croazia) e un quarto (con la Svizzera) che sono duraturi 120 minuti. Si va avanti per inerzia, fino ai rigori. Sarà Jorginho a segnare quello decisivo e regalarci la finale, domenica a Wembley, contro la vincente di Danimarca-Inghilterra.

da avvenire.it