Il Principe dei sogni

Al Palazzo del Quirinale a Roma, i venti arazzi medicei con le storie di Giuseppe

Creatività artistica edartigianato di altissima qualità si uniscono in un afflato che colpisce l’osservatore e il simbolo diventa viaggio onirico nel mondo di Giuseppe l’Ebreo e della sua storia ordita nella preziosità dei tessuti. Un’occasione unica è la mostra, dal significativo titolo: “Il Principe dei sogni. Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino”, aperta lo scorso 17 febbraio al Palazzo del Quirinale a Roma, dove sono stati riuniti dopo ben centocinquanta anni i venti arazzi medicei con le storie di Giuseppe. I grandi tessuti istoriati furono commissionati nel 1545 da Cosimo I de’ Medici per abbellire la Sala dei Duecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Il Granduca incaricò gli artisti più rappresentativi della città, Jacopo Pontormo, Agnolo Bronzino e Francesco Salviati, autori dei cartoni preparatori, mentre la realizzazione venne affidata ad una delle botteghe più autorevoli della manifattura granducale, che faceva capo ai maestri arazzieri fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karcher. Dieci arazzi della preziosa serie nel 1865 vennero spostati a Palazzo Pitti e poi, per volontà dei Savoia nel 1882 furono trasferiti a Roma nella sede reggia del Quirinale, divenendo tra le più prestigiose collezioni del palazzo.

In occasione dell’Expo 2015 e grazie all’impegno della Presidenza della Repubblica Italiana e del Comune di Firenze, gli arazzi sono stati riuniti per l’esposizione del Quirinale (fino al 12 aprile), per poi trasferirsi a Milano (Sala delle Cariatidi – Palazzo Reale, dal 29 aprile al 23 agosto) e infine a Firenze (Sala dei Duecento – Palazzo Vecchio, dal 15 settembre al 15 febbraio 2016) in un ideale “ritorno a casa”. I tessuti sono stati inoltre oggetto di un complesso restauro realizzato in collaborazione dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e dal Laboratorio degli Arazzi del Quirinale.

Ritornando alla volontà di Cosimo I, colpisce la scelta di rappresentare le storie del Principe dei Sogni che rivela una sorta di passaggio ideologico dal David, eroe delle virtù civili, ispiratore di libertà e giustizia individuale e collettiva, a Giuseppe, eroe mite ma risoluto, probo ed intelligente. Il primo arazzo che rappresenta il “Sogno dei manipoli”, realizzato su disegno di Bronzino e tessitura di Nicolas Karcher, contiene un’unica scena dove Giuseppe, in posizione dominante, sorride al sonno e ad esso si abbandona, mentre i fratelli sono chini nel lavoro e nei loro volti si scorge una smorfia di odio. Unica è la scena ma sono numerosi i sentimenti rappresentati, come criptici sono i segni allusivi: Giuseppe è adagiato su un rigoglioso albero e con un braccio tocca l’unico ramo secco presente, questa immagine vuole simboleggiare l’estinzione di un ramo della dinastia medicea, ma al tempo stesso, la presenza di una pianta di alloro fiorente, indica l’impresa di Cosimo I che ne inizia la rinascita. L’arazzo del “Lamento di Giacobbe”, disegnato da Pontormo, è invece una visione in crescendo del dolore: il vecchio patriarca è rappresentato calvo, con la barba lunga, il corpo ancora turgido ma contorto, come una linea che culmina al vertice di un lamento lacerante. Non mancano elementi della quotidianità, come nella scena di “Giuseppe in prigione e il banchetto del Faraone”, dove l’eroe biblico è sullo sfondo, mentre al posto del re d’Egitto in primo piano ci sono Cosimo e la sua corte. Il segno artistico e l’allusione simbolica toccano i loro vertici nella scena di “Giuseppe che perdona i fratelli”: qui l’artista dilata l’ambientazione lasciando intravedere in alto gli egiziani affacciati alla finestra intenti nell’udire le lamentazioni del principe ebreo, mentre all’interno di una lunetta una figurazione in monocromo rimanda alla benedizione della primogenitura impartita di Isacco. Ma è il perdono del Principe dei Sogni verso i suoi fratelli a commuovere per la gestualità convulsa e la struggente espressività dei volti. Dietro il sogno ecco il simbolo: l’attitudine al perdono di Giuseppe-Cosimo, che diventa imperativo di clemenza verso i propri concittadini fiorentini.