Economia

Il lavoro sottopagato, una piaga italiana

Non vorremmo che buona parte dell’ottima salute di molte imprese italiane derivasse da una forza lavoro che è pagata la metà di quanto sia pagata in Europa

Sia detto con tutto il rispetto che proviamo per capitalismo e capitalisti: in Italia, dove le retribuzioni dei lavoratori o sono inchiodate da anni, o volgono decisamente al ribasso (“all’estero i lavoratori costano meno”, e per estero s’intende forse l’Uganda), le aziende – soprattutto quelle grandi – macinano profitti spaventosi. E da anni.

Benissimo, solo che quel grasso non cola giù, si ferma nelle mani degli azionisti e della ristretta dirigenza, quella sì con emolumenti da calciatori del Paris Saint Germain. Qualche volta, qualche illuminato imprenditore regala un bonus di fine anno ai propri dipendenti; qualche volta, appunto, e niente di particolarmente eclatante.

Insomma non vorremmo che buona parte dell’ottima salute di molte imprese italiane derivasse da una forza lavoro che è pagata la metà di quanto sia pagata in Germania, Belgio, Olanda; molto meno pure rispetto a Francia e Gran Bretagna. E poi tutti a fasciarsi la testa per i nostri migliori giovani che, dopo una formazione di qualità finanziata dai contribuenti italiani, se ne vanno all’estero “a fare carriera”. Cioè a guadagnare in modo dignitoso e corrispondente alla propria formazione, piuttosto che languire in stage poco retribuiti, apprendistati sottopagati, contratti a termine costantemente rinnovati, primo stipendio che è appunto molto inferiore rispetto a quello dei giovani di molti Paesi europei.

Quindi la questione è puramente italiana. Abbiamo tenori di vita (e relativi costi) nordeuropei, con retribuzioni molto “mediterranee”. I contratti collettivi non si rinnovano più; se sì, raramente nella parte retributiva. È sostanzialmente sparita la sindacalizzazione (cioè: sono rimasti i sindacati, sono sparite le adesioni nelle aziende). I lavoratori sono diventati singoli individui in balia di chi ha il coltello dalla parte del manico. O mangi questa minestra o…

La politica non finge nemmeno più di parlare di lavoro, ben altri sono i temi “pregnanti” rispetto ad occupazione, famiglia, figli. Cambiare le cose costa fatica, studio, competenze, coraggio. Aspettiamo il prossimo Parlamento, aspettiamo e speriamo.

dal Sir