Il grido che salva

“Venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!’. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio, sii purificato!'”. Viviamo in tempi davvero pericolosi; più che della lebbra (malattia oggi perfettamente curabile) c’è da aver paura per la crescita esponenziale dell’odio, delle guerre, del terrorismo internazionale che è di una crudeltà senza limiti, semina lutti e tragedie in ogni parte del mondo; con una ferocia inaudita lancia una sfida sanguinosa paragonabile al nazismo, come ha detto il presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento. Mai come ora satana cerca di soffocare l’uomo e la sua anima con il vento contagioso dell’odio e della guerra. Come prevenire, affrontare una simile guerra? Con quali armi si può combattere contro questo “satana” scatenato?

Il grido che è uscito dal cuore di questo lebbroso diventerà sempre di più il nostro grido, il grido di chi usa la ragione e di chi ha la fede: “Se vuoi, Tu puoi salvarmi” da questa minaccia che incombe su tutti noi. La compassione di Cristo, la compassione che è la cifra di questo pontificato, la compassione trasformata in opere nate nella Chiesa per venire incontro agli esclusi di oggi (sieropositivi, minorati fisici o psichici, persone anziane, extra comunitari, nomadi, carcerati…) è la risposta dell’incontro e dell’accoglienza contro la cultura dello scarto. Risposta che ha le sue origini nel Vangelo. Cristo non solo non sta alla larga del lebbroso, ma lo vuole persino toccare, lo libera dalla sua situazione di esclusione e lo reinserisce nella società. Le persone che tutti fuggono, Lui le frequenta: pubblicani, prostitute, lebbrosi, indemoniati.

Prolungando l’azione di Cristo, la Chiesa ha fatto la scelta di abbracciare chi non ha nessuno e li invita al Regno: poveri, rifugiati, perseguitati. “Ho vissuto tutta la vita come un cane, ora muoio come un angelo”, ha detto poco prima di morire un povero raccolto nelle cloache di Calcutta da Madre Teresa. Oggi i poveri presentano un conto alla storia di un’occidente che li ha esclusi dal banchetto dei potenti. C’è una sola via per superare la paura che ci attanaglia: abbracciare quelli che la Chiesa abbraccia. “Siate miei imitatori” dice San Paolo.

Gesù non ha guarito solo fisicamente il lebbroso, ma lo ha riammesso nella società. Dopo questi miracoli clamorosi Gesù viene letteralmente assediato dalle folle ed è costretto ad andare in luoghi deserti, ma anche lì veniva raggiunto dagli esclusi. La vera risposta al terrorismo è vivere la radicale novità di Cristo che si prolunga nella Chiesa. “La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente” (Benedetto XVI, Spe Salvi). Ma anche San Giovanni Paolo II nella Salvifici doloris ribadiva che “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a fare del bene con la sofferenza e a fare del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto Egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza”. Gesù che stende la mano e tocca il corpo piagato manifesta la volontà di Dio di risanare la sua creatura decaduta, restituendole la vita piena e felice. Cristo è la mano di Dio tesa all’umanità perché possa uscire dalla paura e dal male. Siamo tutti polvere davanti a Lui, ma polvere preziosa. Ne abbiamo preso coscienza nell’apertura della Quaresima, il giorno delle Ceneri, e il nostro nulla diventa tutto nel rapporto con il Mistero, ovvero guardando Colui che si è reso uomo per rendersi compagnia all’uomo ed abbracciare fino in fondo il suo destino, portandolo a compimento. Stare davanti a questo Mistero, senza tentennamenti o sospetti, aiuta a rendere più certa la persona dentro un’insostenibile spirale di violenza che sembra non avere fine. Anche una partita di calcio, senza questa consapevolezza, quella cioè di lanciare quel grido che non è urlo di rabbia, ma riverbero di aiuto, diventa il terreno per sfogare i propri brutali istinti, come giorni fa abbiamo amaramente assistito a Roma da parte di un branco di hooligans olandesi, venuti in Italia solo per distruggere e non per sostenere la propria squadra del cuore.