Al convegno voluto da uffici diocesani e Amci le relazioni di Grassi e Di Benedetto sul tema della costruzione del sé e il rapporto con l’altro.
Una mattinata di riflessione sui delicati temi del “gender”, nella bella cornice dell’Auditorium Varrone, grazie agli Uffici diocesani che si occupano della pastorale della salute e di quella scolastica, che hanno organizzato un interessante incontro formativo insieme alla locale Associazione medici cattolici. Il tema del gender sta diventando di attualità, e capita ormai ogni giorno di sentirne parlare anche sui mass media: e questo, andrebbe detto, più per iniziativa di chi vuole combattere questa teoria che non per volontà dei suoi inventori e di quanti la sostengono, che hanno sempre preferito il lobbying ad altissimo livello che non la divulgazione aperta e il dibattito pubblico, al punto che tale ideologia è arrivata a permeare le politiche educative e sanitarie delle agenzie Onu e di molte nazioni senza che alla gente sia stato spiegato nulla di questo nuovo paradigma, che pure finirà per influenzare il modo in cui i bambini, anche i più piccoli, verranno educati e le linee di politica sanitaria del nostro domani.
Anche papa Francesco, che alcuni a volte hanno voluto accusare di scarso coraggio o di poco interesse sui temi della sessualità e della famiglia, è più volte intervenuto su tale teoria, definendola «uno sbaglio della mente umana», da considerarsi una «colonizzazione ideologica», una imposizione delle lobby internazionali ai popoli più deboli, paragonandola alla prassi della gioventù hitleriana o ai Balilla fascisti. Ma in cosa consiste questa teoria? Nella cultura massmediale il termine gender è ormai egemonico e ha sostituito – anche negli studi internazionali e nelle analisi delle politiche di sostegno al terzo mondo – il termine sesso.
Il cambiamento sembra innocuo ma il linguaggio recepisce velocemente i cambiamenti e questo nuovo significato di “genere” è passato all’interno delle nostre culture. La teoria del gender è una idea che sostiene l’irrilevanza della differenza biologica tra uomini e donne determinata da fattori scritti nel corpo, asserendo quindi che uomini e donne non sono pari in dignità nelle rispettive differenze, ma sono uguali da ogni punto di vista. C’è sì una differenza fisica, ma conta poco.
Invece la differenza maschile/femminile è considerata una differenza unicamente culturale: cioè gli uomini sarebbero uomini perché sono stati educati da uomini, le donne sarebbero tali perché educate da donne. Senza queste costruzioni culturali non ci sarebbero differenze tra donne e uomini e il genere umano sarebbe fatto di uguali. Ecco allora che in tal modo la sessualità viene dissociata dalla personalità. Conseguenza direttamente politica di questa teoria è l’intercambiabilità assoluta dei ruoli genitoriali, per cui è indifferente che un bambino abbia un padre e una madre o invece due (o magari più) figure genitoriali dello stesso sesso.
Tralasciando del tutto (per ora) gli aspetti giuridici e politici, il convegno svoltosi all’ex chiesa di S. Scolastica ha offerto ai ragazzi delle scuole (stavolta presenti solo in piccolo numero, purtroppo) e a insegnanti, educatori, genitori e cittadini intervenuti una informazione di taglio medico– scientifico, dando la parola al professor Grassi, che insegna Storia delle religioni all’Ateneo Pontificio della Santa Croce, e allo psichiatra reatino Paolo di Benedetto, attualmente presidente dell’Amci, coadiuvato – quale moderatore dell’incontro – dall’ex presidente ed attuale vice della stessa associazione Tommaso Cosentini. Dalle relazioni è emersa la portata totalmente ideologica e ascientifica delle pretese della teoria del gender, che pure, su pressione delle grandi agenzie internazionali, oggi si vorrebbe inserire nei programmi scolastici partendo già dalle scuole dell’infanzia, e la assoluta irriducibilità dell’essenza maschile e femminile, complementarmente necessari per la formazione dell’identità e della personalità del figlio.
Un incontro che ha chiarito quanto la costruzione dell’essere umano, della sua identità sessuale e della sua capacità relazionale, non possa fare a meno della classica distinzione tra i due sessi e che, al di là degli orientamenti personali, ognuno resterà sempre maschio o femmina in tutta la sua struttura biologica e cerebrale.
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