I piccoli tamburini di East Belfast, sfilano istruiti dai cattivi maestri

Nel quartiere a maggioranza protestante della capitale nordirlandese capita di incontrare un piccolo corteo di bambini che sfila battendo sui tamburi. Si avvicina il 12 luglio, the glorious Twelfth, come lo chiamano i protestanti: il giorno in cui nel 1690 il re protestante Guglielmo III d’Orange sconfisse il re cattolico Giacomo II nella battaglia del fiume Boyne. La battaglia con cui si sancì il predomino dei protestanti sugli irlandesi cattolici. Ma la sfilata non è una rievocazione storica, i tamburini marciano impettiti e seri per rimarcare appartenenza e territorio

Il rullo dei tamburi si sente arrivare da lontano. Il ritmo è fermo, marziale, ben scandito. I cinque tamburini viaggiano in centro strada, fanno la loro marcia senza curarsi del traffico. Gli automobilisti, dal canto loro, rispettosamente rallentano e non si permettono di suonare il clacson, aspettano semplicemente le pause tra una rullata e l’altra in cui i suonatori si spostano e lasciano passare. Giunti di fronte alla casa abitata dagli stranieri cattolici, i tamburi si fermano e riprendono a battere la loro marcetta con più forza e più cattiveria. Sarà un caso? Forse no. Siamo Belfast, la capitale nordirlandese, teatro di sanguinose violenze durante i Troubles, il conflitto civile durato dal 1969 circa fino a fine anni novanta e il quartiere è quello di East Belfast, a maggioranza protestante, dove quasi ogni abitazione è decorata di bandiere nazionaliste e Union Jack e dove il “Leave” è più di un voto su una scheda referendaria.Così capita che i cinque guardiani della tradizione siano altrettanti bambini, due maschietti e tre bimbe che non avranno più di una dozzina d’anni.Colpisce la serietà con cui svolgono il loro ruolo e con cui presidiano il territorio. Colpisce anche il fatto che sono troppo piccoli per aver vissuto direttamente tutte le tensioni degli anni terribili dei Troubles. Ma si avvicina il 12 luglio, the glorious Twelfth, come lo chiamano i protestanti: il giorno in cui nel 1690 il re protestante Guglielmo III d’Orange sconfisse il re cattolico Giacomo II nella battaglia del fiume Boyne. La battaglia con cui si sancì il predomino dei protestanti sugli irlandesi cattolici. Un evento che viene ricordato ogni anno con varie marce e che, è vissuto da molta parte della comunità protestante come una celebrazione che, al netto della revocazione storica, vuole ricordare chi ha vinto e chi vorrebbe vantare il predominio. Con conseguenti prove di forza.Per questo spesso capita che le marce possano diventare occasione di scontro quando gli orangisti sfilano attraverso quartieri abitati dalla minoranza cattolica.Quest’anno l’ufficiale responsabile della polizia, Stephen Martin, ha dichiarato che le tensioni in vista dei tradizionali cortei “non sono così marcate come negli anni precedenti”, pur se il mese scorso è saltato un accordo per risolvere i nodi di passaggio più delicati della sfilata. “C’è un senso di una tensione ridotta rispetto allo scorso anno”, ha detto, sottolineando che migliaia di ufficiali saranno in servizio in tutta l’Irlanda del Nord il 12 luglio, un giorno che sarà testimone di ben 594 sfilate. “Abbiamo in programma questo schieramento ormai da mesi”, ha ribadito Martin, consapevole che se la grande maggioranza delle marce sfila senza incidenti ogni anno, un certo numero di focolai continua a creare punti di tensione preoccupanti.Del resto, nonostante il fiume di denaro riversato in questi anni dall’Unione Europea per favorire il processo di pace, i quasi cento muri che dividono le comunità sono ancora in piedi e ad alcuni si sono aggiunte reti metalliche e filo spinato.Una ricerca della Queen’s University del 2013 aveva messo in luce che il 68% dei ragazzi fra i 18 e i 25 anni non stringe amicizia con coetanei cattolici o protestanti, a seconda della comunità di appartenenza. In un sistema scolastico in cui solo il 5% delle classi sono miste e dove persino le associazioni sportive sono ripartite in base all’appartenenza religiosa, non stupisce che la diffidenza e l’incomunicabilità resti la cifra di una difficile convivenza.La scuola e lo sport sono i capisaldi dell’integrazione e del saper vivere insieme, se mancano è evidente che non ci sono solo muri materiali a dividere.I piccoli tamburini marcianti e arrabbiati sono istruiti dagli adulti, genitori, nonni, cattivi maestri che insegnano che anche la famigliola di giovani italiani è da guardare con sospetto perché stranieri, perché diversi. Gente contro cui battere sui tamburi per dir loro di non sentirsi al sicuro, perché i bambini sono solo le avanguardie di altri, più corposi, plotoni.