Chiesa

I Papi del passato e la festa dell’Immacolata

Da festa popolare a dogma teologico: la purezza di Maria, unica creatura umana nel corso della storia priva di macchia, ha variamente sollecitato nel corso dei secoli il magistero dei Papi. Una festa “che nasconde la profondità del mistero”

Fu Papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, a sancire come la Vergine Maria sia stata preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

«[…] dichiariamo, affermiamo e stabiliamo che è stata rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale; pertanto, questa dottrina dev’essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.»

Solo quattro anni dopo, apparendo a Bernadette Soubirous e auodefinendosi Immacolata Concezione, la Madonna confermerà l’esatto significato teologico di quanto affermato dal dogma. Ma il primo atto formale di un Pontefice nei confronti dell’Immacolata risale agli anni “rivoluzionari” e in parte frivoli del Rinascimento: è il 1484 quando Papa Sisto IV introduce a Roma la festa liturgica della Concezione. Sarà poi Clemente XI, nel 1708, a rendere universale la festa dell’Immacolata, già celebrata dal popolo a Roma e in altre zone della cristianità.

Paolo VI, nel pieno degli anni di piombo del XX secolo, l’8 dicembre di quel terribile 1974 insanguinato da vari attentati, insiste sul mistero del male a fronte del quale la presenza dell’Immacolata offre un decisivo sollievo:

“L’Immacolata: questa festività della Madonna mette nei nostri animi un vivo entusiasmo, che in un certo senso nasconde la profondità del mistero; il mistero del peccato originale, la disgrazia universale ereditata dal genere umano dal padre Adamo, la quale ci ha staccati da Dio, ha prodotto un disordine funzionale nel nostro essere che nemmeno il battesimo del tutto guarisce, ha ridato alla nostra vita naturale la morte, e ha lasciato in fondo alle nostre aspirazioni inestinguibili la nostalgia d’una perfezione che non riusciamo più a raggiungere, anche da parte dei migliori fra noi, i buoni, i grandi, i sapienti e i santi perfino. Siamo infelici, siamo decaduti: mistero della devastazione dilagata sulla progenie umana. Ma oggi una grande meraviglia ci invade, una grande letizia: una creatura, una sola, ma nostra, colei che sarebbe stata la Madre di Cristo, da Cristo stesso fu in anticipo redenta e restituita alla perfezione primigenia, tipica e sublime, della creatura «piena di grazia», una donna, la «benedetta fra tutte le donne». Il suo nome è Maria”.

Tre anni dopo la promulgazione della bolla Ineffabilis Deus, l’8 dicembre del 1857, Papa Pio IX, inaugura e benedice a Roma il monumento dell’Immacolata, che ancora oggi ammiriamo, comunemente detto “di Piazza di Spagna”: in realtà si trova nell’adiacente Piazza Mignanelli e venne interamente pagato dal re Ferdinando II delle Due Sicilie. Fu Pio XII, a iniziare la tradizione di inviare fiori a questa statua nel giorno dell’Immacolata; il suo successore, Papa Giovanni XXIII, nel 1958, uscì dal Vaticano e si recò personalmente a deporre ai piedi della Vergine un cesto di rose bianche, per poi recarsi in visita alla basilica di Santa Maria Maggiore. La consuetudine fu mantenuta poi da tutti i successori. Ma ecco le parole di Papa Giovanni l’8 dicembre 1960. All’alba di quel decennio che porterà decisivi cambiamenti di costume in Italia e in Europa, l’accento di Papa Roncalli è proprio sul modello di temperanza e di purezza che l’Immacolata propone ai fedeli, particolarmente alle donne.

“La dottrina cattolica che riguarda l’immacolato concepimento di Maria e ne esalta gli splendori è familiare ad ogni buon cristiano: delizia ed incanto per le anime più nobili. (…) E’ nelle voci dei Padri della Chiesa, è nel sospiro ansioso di tanti cuori che intendono farle onore, rendendo il profumo della loro purezza, ardore di apostolato per la elevazione del buon costume privato e pubblico. Oh ! Venerabili Fratelli e figli diletti, che grande compito è veramente questo per noi: cooperare tutti, con la grazia di Maria Immacolata e nella luce dei suoi insegnamenti, alla purificazione del pubblico e privato costume! Sappiamo di toccare una nota triste; ma è la coscienza che Ce lo impone. Veramente l’oblio della purezza, il pervertimento del costume posto in esibizione ed in esaltazione, attraverso tante forme di seduzione e di prevaricazione, sono motivo di sgomento dell’anima sacerdotale — e pensate quanto più amaramente — dell’anima del Papa che vi parla. Ecco. Risalendo lungo il corso della Nostra lunga vita e, richiamando incontri e impressioni varie, di tempi lontani, Ci sentiamo come penetrati ancora da intima e trepida commozione al ricordo di schiere senza numero di spose e di madri, di umili donne di casa e di vergini consacrate, il cui servizio di carità e di prudenza era robustezza e nobiltà vera delle famiglie e cooperazione del ministero sacerdotale. Tutto questo loro silenzioso operare avveniva nella luce della legge divina, nella espressione delle virtù umane e cristiane, fiorite dalla dignità e purezza del costume”.

Anche nei difficili anni di Paolo VI, fitti di rivendicazioni e rivolgimenti, la purezza rappresenta ancora un modello da seguire.

“Oh figli; oh fratelli, delusi e disperati forse dalle indagini psicanalitiche moderne per la scoperta delle inguaribili contaminazioni delle profondità dell’essere umano, restaurate con fiducia il concetto dell’innocenza e la speranza d’una purità perfetta di questo nostro essere composito di carne e di spirito: il «caso», il miracolo, di Maria riabilita in noi l’immagine della perfezione dell’opera di Dio, quale noi siamo, e del quale un modello intatto e purissimo ci è presentato: sì, è Maria”.

Da poco Pontefice, il Papa mariano per eccellenza, Giovanni Paolo II, non esita ad assumere l’usanza romana dell’omaggio floreale, sentendosi in questo pienamente vescovo di Roma e dunque pienamente romano. 8 dicembre 1979. I suoi accenti sono spontanei e filiali.

“Veniamo oggi in questo luogo soprattutto noi Romani, abitanti di questa città, che la Provvidenza Divina ha scelto ad essere la sede di Pietro e dei suoi Successori. Veniamo numerosi da quando Pio XII iniziò questo gesto di filiale omaggio, quasi un secolo dopo che Pio IX benedisse questo monumento all’Immacolata. Veniamo tutti, anche se non siamo qui tutti presenti fisicamente; siamo però presenti con lo spirito.
Anziani e giovani, genitori e figli, sani e malati, rappresentanti dei diversi ambienti e professioni, sacerdoti e religiosi e religiose, autorità civili della città di Roma, della provincia del Lazio, tutti riteniamo come un particolare privilegio l’essere oggi qui insieme col Vescovo di Roma, accanto a questa Colonna Mariana, per circondarti, Madre, della nostra venerazione e del nostro amore.
Accoglici, così come siamo, qui accanto a te, in questo annuale incontro! Accoglici! Guarda nei nostri cuori! Accogli le nostre sollecitudini e le nostre speranze! Aiutaci, tu, piena di Grazia, a vivere nella Grazia, a perseverare nella Grazia e, se fosse necessario, a ritornare alla Grazia del Dio Vivente, che è il più grande e soprannaturale bene dell’uomo.
Tra breve noi tutti ci allontaneremo da questo luogo. Desideriamo però ritornare alle nostre case con questa gioiosa certezza che sei con noi, Tu, Immacolata, tu da secoli prescelta per essere Madre del Redentore. Sei con noi. Sei con Roma. Sei con la Chiesa e con il mondo”.

Per Benedetto XVI il riferimento all’Immacolata getta una luce decisiva sulla complessa attuazione del Concilio. Al suo primo omaggio alla statua, si ricollega, nel nome di Maria, a quel grande evento ecclesiale che vide la sua partecipazione come consulente e si richiama al predecessore che, pur nel nome di Maria, chiuse il Concilio…

“In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante volte fatto dai miei Predecessori. Sento che mi accompagna la devozione e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero. Porto con me le ansie e le speranze dell’umanità di questo nostro tempo, e vengo a deporle ai piedi della celeste Madre del Redentore.In questo giorno singolare, che ricorda il 40° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, torno con il pensiero all’8 dicembre del 1965 quando, proprio al termine dell’omelia della Celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, il Servo di Dio Paolo VI ebbe a rivolgere il suo pensiero alla Madonna “la Madre di Dio e la Madre nostra spirituale … la creatura nella quale l’immagine di Dio si rispecchia con limpidezza assoluta, senza alcun turbamento, come avviene invece in ogni creatura umana”. Il Papa si chiedeva poi: “Non è forse fissando il nostro sguardo in questa Donna umile, nostra Sorella e insieme celeste nostra Madre e Regina, specchio nitido e sacro dell’infinita Bellezza, che può … cominciare il nostro lavoro post-conciliare? Questa bellezza di Maria Immacolata non diventa per noi un modello ispiratore? Una speranza confortatrice?”. E concludeva: “Noi lo pensiamo per noi e per voi; ed è questo il Nostro saluto più alto e, Dio voglia, il più valido!” (Insegnamenti di Paolo VI, III 1965, p. 746). Paolo VI proclamò Maria “Madre della Chiesa”, e a Lei affidò per il futuro la feconda applicazione delle decisioni conciliari. Tu, che abbracciando senza riserve la volontà divina, ti sei consacrata con ogni tua energia alla persona e all’opera del Figlio tuo, insegnaci a serbare nel cuore e a meditare in silenzio, come hai fatto Tu, i misteri della vita di Cristo”.