I giovani al Giubileo della Lode nel segno del Me/We

Tra le varie voci che si sono succedute nel corso del Giubileo della Lode (4 e 5 marzo scorsi) non sono mancate quelle dei giovani della nostra chiesa, che hanno guidato e animato l’adorazione eucaristica tra le 22 e le 23. Nel corso dell’ora scandita da preghiere, canti, salmi, silenzio e meditazione, i giovani hanno avuto modo di riflettere sul significato del percorso, del cammino, della sequela di Gesù.

Si tratta di un viaggio che nasce, all’interno di questo tempo quaresimale, dalla volontà di Gesù di incamminarsi verso Gerusalemme, meta ultima del suo viaggio terreno e luogo in cui mettere in atto definitivamente la sua vocazione: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51-52). Nel fare ciò, Gesù manda i propri messaggeri a preparargli l’ingresso ed invita coloro che egli incontra per la strada a seguirlo senza tentennamenti e ripensamenti (Lc 9, 52-62).

Con questo passo del Vangelo, i giovani hanno aperto una riflessione che rimanda alla vocazione di ciascuno e che, più nel breve termine, simboleggia il percorso di avvicinamento al grande evento della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia (26-31 luglio).

Nella loro preghiera, i giovani non hanno limitato la loro prospettiva al tema del viaggio, ma hanno guardato anche a quel momento che precede e che costituisce la condizione basilare del cammino cristiano: la chiamata di Gesù. Si tratta di una chiamata potente, perché spinge ogni persona a muoversi e la mette in condizione di agire con forza contro il male (Mt 10,1-10), rinunciando a tutti gli strumenti che per un viaggio possono sembrare necessari (oro, argento, sacca da viaggio, tuniche, sandali o bastone), forti solo ed esclusivamente della fede.

Oltre ai canti, ai brani evangelici e ai salmi, i ragazzi hanno tratto ispirazione per la loro preghiera da alcuni passaggi tratti dai libri del teologo tedesco luterano Dietrich Bonhoeffer: «Grazia a caro prezzo è il vangelo, che si deve sempre di nuovo cercare, il dono per cui si deve sempre di nuovo pregare, la porta cui si deve sempre di nuovo bussare. È a caro prezzo perché chiama alla sequela di Cristo; è a caro prezzo perché costa all’uomo il prezzo della vita, è grazia perché proprio in tal modo gli dono la vita… Grazia a caro prezzo è l’incarnazione». Diverse citazioni hanno riguardato il cammino come uscita da se stessi per aprirsi al prossimo, che è riflesso e incarnazione di Gesù nella nostra storia e nel nostro presente: «Cristo è nostro fratello. Ma per questo, ora anche il fratello può diventare per noi Cristo. Là dove mi interpella o mi si dà come persona, l’altro diviene per me Cristo»; e ancora «Ci accorgiamo solo allora di come la nostra vita sia intrecciata con quella di altre persone, anzi di come il suo centro sia fuori di noi stessi, e del fatto che noi non siamo affatto dei singoli». E infine, «Da chi è alla sequela di Gesù non posso aspettarmi che un amore indiviso».

A chiusura non potevano mancare le parole pronunciate da Papa Francesco il 4 gennaio scorso in visita a Greccio al Meeting dei Giovani “MeWe”, parole che hanno evidentemente a che fare con il viaggio umano che porta a Gesù: «Nella nostra vita, ci sono tanti segni, tanti segnali… Questo è un segno: quando nella nostra vita non troviamo qualche stella speciale che ci chiama a fare qualcosa di più, qualcosa di buono, a intraprendere un cammino, a prendere una decisione, allora qualcosa non va. Dobbiamo chiedere la grazia di scoprire la stella che Dio oggi vuol farmi vedere, perché quella stella mi condurrà a Gesù».

Foto di Paolo Cesarini