“Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore…”
(Isaia 63, 17).
Amati fratelli e sorelle,
le parole del profeta Isaia nella splendida lettura che i cristiani ascolteranno all’inizio dell’Avvento, in un nuovo anno liturgico, sono motivo di grande riflessione, preghiera e impegno.
Inizia l’Avvento e dunque dovremmo farci capaci di futuro. Perché Avvento è scavare nella storia di un mondo indebolito il futuro forte e tenace di Dio che sempre viene.
È indebolito il mondo che osserviamo fuori di noi, ma è necessario che riconosciamo che anche il mondo dentro di noi lo è.
Siamo sempre di corsa e la ragione e il sentimento sembrano talvolta correre più veloci dell’anima.
La vita si è fatta banale, superficiale, stanca perché troppo piena: di notifiche, di post e di parole che oscurano anziché illuminare.
Un diffuso senso di arrendevolezza s’insinua nelle nostre vite. Eravamo tutti convinti di esserci incamminati verso tempi migliori ma ora la realtà sembra contraddire ogni speranza. Sono infinite le notizie di violenza che, all’ingrosso e al dettaglio, feriscono l’umanità e la deragliano verso l’insensatezza.
Eppure iniziamo un nuovo Avvento.
Anche per me, in questa terra francescana, nella Valle reatina, il Natale avrà significati nuovi: è il primo qui, con nuove responsabilità che la bontà di Dio mi fa vivere anche in questo centenario del Presepe.
Cosa vorrei chiedere al Signore?
A Lui chiedo di non farmi abituare allo sfacelo e che a noi tutti doni la speranza ed il coraggio dei profeti, quella che ci fa salmodiare accendendo e indicando luci pur nella notte del mondo.
Per me e per ciascuno di voi chiederò a Dio, come Isaia: “Ritorna, per amore”…
Ritorna, maranathà!
Anzi, vieni presto!
E fallo “per amore”.
A me stesso e a ciascuno di voi vorrei chiedere di non smettere, in ogni giornata che corre, di guardare quel Bambino che Francesco volle vedere con i propri occhi…
Perché guardare il Bambino di Betlemme cambia lo sguardo.
A noi, che probabilmente non ci aspettiamo più nulla anche per evitarci la delusione di ulteriori brutte sorprese, l’Avvento viene come caparra di novità dal Cielo e ci infonde la certezza che la compagnia di Dio sarà più lunga di ogni notte, che il Bambino di Betlemme verrà a toglierci la falsa pace di chi pensa che basti poco per stare al mondo.
Abbiamo bisogno di sussulti di umanità, di sguardi amorevoli, di amicizie sincere, di mani che si incontrino e si impegnino a fianco dei più poveri, di una Chiesa più madre che non lasci indietro nessuno.
Sarà Natale se avremo il coraggio di invertite la rotta facendo spazio al Bambino di Betlemme, lasciandoci indicare da Lui i sentieri di una umanità diversa, dove nessuno si senta fuori posto, dove ognuno sia visto.
Prepariamo il nostro altare interiore come presepe, sapendo che è una stalla che Lui ha scelto per avvenire: e così riceveremo e doneremo i nostri “occhi creati a nuovo” (R. Guardini).
Auguri, buon Avvento.
Sia il Natale la nostra capacità di futuro. Su, andiamo! Maria, la Madre e Giovanni, il Precursore, con tutti i profeti, ci precedono.
Vi abbraccio e vi benedico uno ad uno.
+ don Vito