Il gruppo vincenziano di Rieti chiude con la musica i quattrocento anni dell’associazione

In un mondo che corre sempre più in fretta, immersi come siamo nel “panta rei”, ricordarsi dei compleanni, celebrare gli anniversari dà un senso di continuità fra ciò che eravamo ieri e ciò che siamo oggi, getta un ponte tra passato e presente. Quando poi si va indietro di secoli per celebrare eventi importanti, si comprende come ciò che di bello e di buono l’uomo è riuscito a creare non muore, ma vince «di mille secoli il silenzio». In questo anno che ormai volge al termine, sono stati ricordati i quattrocento anni dell’associazione filantropica vincenziana.

Vincenzo dé Paoli, nome italianizzato di Vincent-dé Paul, proprio nel 1617 a Gannes presso Folleville abbozzò la sua mistica del servizio ai poveri, in una concezione di apostolato religioso e sociale moderno, che cominciò a realizzare a Lione con l’istituzione delle dame della carità.

L’iconografia consegna alla memoria le figlie della carità di San Vincenzo con le ali tese dei bianchi cappelli, come fossero ali di angelo. Ne riproponiamo qui un’immagine tratta da un quadro dell’Ottocento di una collezione privata.

Vi aderirono soprattutto esponenti delle classi nobili e borghesi, accanto a cui, più tardi, nel 1633 sorgerà la più popolare compagnia della figlie della carità, prima congregazione di religiose senza obbligo di clausura.

Il gruppo vincenziano reatino con le sua dame di carità è presente nella nostra città dal 1908 e noi siamo andati ad intervistare la Presidente, signora Monica Ceci, per conoscere meglio questa associazione che nel silenzio, senza troppo clamore, «provvede al sostentamento di ottanta famiglie indigenti, distribuendo viveri non deperibili, provvedendo al pagamento delle utenze e quant’altro si rendesse di volta in volta necessario».

Il gruppo vincenziano di Rieti opera anche in collaborazione con le istituzioni locali ed altri enti caritatevoli, in conformità al pensiero di san Vincenzo dé Paoli, che per soccorrere i poveri si serviva della collaborazione di tutti coloro che vedevano nel povero la presenza di Cristo.

Il gruppo vincenziano non solo si prodiga nell’assistenza ai più bisognosi, ispirandosi alla carità del Vangelo, ma cerca anche di promuovere attività culturali. Non si è infatti ancora spenta nel nostro orecchio e nel nostro cuore l’eco della bella voce calda e appassionata del soprano Silvia Costanzi in un concerto organizzato dall’Associazione nel periodo estivo, che un nuovo evento musicale ha visto nell’Associazione vincenziana e nella Pia Unione di sant’Antonio di Padova i suoi promotori.

Nella chiesa di san Rufo, sotto l’ala protettrice del bell’Angelo dello Spadarino, domenica 17 dicembre è stato organizzato un concerto di alto livello culturale per l’alchimia di suoni e la fusione fra il bel canto della tradizione della lirica italiana ed il fantasmagorico mondo del jazz, sulle cui note sincopate si è levata la voce del soprano Silvia Costanzi, capace di trasportare in un’altra dimensione. In programma anche alcuni canti tradizionali di ispirazione natalizia che il trio formato da Silvia Costanzi, Alessandro Olori, Elmar Schäfer ha riarrangiato attraverso la contaminazione con elementi del repertorio jazz.

L’Associazione augura lunga vita a questo trio musicale, capace di regalarci emozioni intense e stimolanti. Da parte nostra, i migliori auguri alle dame di S. Vincenzo che portano magnificamente i loro quattrocento anni e, al di là dell’età anagrafica, sono sempre giovani, attive e non hanno alcuna intenzione di andare in pensione.