Il caldo dell’estate si è fatto sentire fin dal primo pomeriggio, ma non ha trattenuto i tanti che, come sempre negli ultimi anni, si sono dati appuntamento nella chiesa di Sant’Agostino per l’apertura del Giugno Antoniano reatino. Il mese dedicato al Santo più amato della città è cominciato nella luce di una sera limpida e piena, segnata da gesti familiari e da parole capaci di andare oltre la consuetudine.
Alle 18 l’esposizione della statua del Santo e i vespri solenni hanno introdotto il Solenne Pontificale presieduto dal vescovo Vito Piccinonna, che ha parlato a una chiesa gremita non solo di fedeli ma anche di intenzioni: c’era chi portava un voto, chi una speranza, chi una gratitudine o una richiesta d’aiuto. Tutti radunati attorno a una figura che «non è venuta a consacrare il sistema, ma a disturbarlo», ha detto il Vescovo, ricordando come la santità di Antonio non vada cercata in un’aura devota o miracolistica, ma nella radicalità evangelica del suo annuncio.
La sua è una parola che “scuote” perché entra nel cuore. Ed è proprio lì che il vescovo ha invitato a volgere lo sguardo. «È nel cuore che abita la verità», ha detto, citando sant’Agostino, padre spirituale che Antonio seguì nella prima parte della sua vita. Entrare nel cuore, dunque, non come gesto intimista o spirituale in senso vago, ma come esercizio di profondità e discernimento. Perché, ha aggiunto, «la superficialità oggi la fa da padrona, e il primo indizio che i santi ci offrono è proprio questo: la cura della propria interiorità».
Eppure, ha osservato, «abbiamo perso la gioia». Lo scenario che ci circonda – tra guerre, violenze domestiche, denigrazione sistematica e indifferenza – ci spinge verso una zona di torpore, una comfort zone che in realtà non conforta. Ma proprio per questo, ha detto don Vito, «il tempo del credente è segnato da eventi, doni, parole, luci che illuminano lo scorrere anonimo del tempo», e il Giugno Antoniano è uno di quei momenti in cui il tempo smette di essere solo cronologia e si fa kairos, occasione.
In questo orizzonte, il Giugno Antoniano 2025 acquista un significato ancora più denso: si inserisce nel Giubileo della Speranza indetto da papa Francesco e nell’ottavo centenario del Cantico delle Creature. Non è un dettaglio. «Abbiamo bisogno di riscoprire il gusto delle cose semplici», ha detto il Vescovo, invocando quella sapienza che «non si consuma e non si logora» e che Antonio ha testimoniato unendo “raffinata teologia” e “tenerezza del cuore”. Come non pensare, allora, a lui come a uno di quei testimoni che «portano il Vangelo mettendosi in discussione in prima persona»?
Il messaggio del Vangelo, ha sottolineato ancora il Vescovo, è semplice ma esigente: «Andate!». È un invito a partire, ma partire davvero, non con le parole, ma col primo passo. Antonio l’ha fatto, non per inseguire un’ideologia, ma per rispondere a un’esperienza concreta: l’incontro con i corpi martirizzati dei primi missionari francescani a Coimbra. «Si è fatto lui stesso Vangelo, bella notizia», ha detto Piccinonna. Ed è ciò a cui ogni credente è chiamato oggi: farsi prossimità, cura, dolcezza, artigiano di pace.
La celebrazione si è conclusa con un senso di pienezza e con la possibilità, per quanti presenti, di ricevere l’indulgenza plenaria secondo le norme canoniche. Ma più ancora che un beneficio spirituale, la serata ha offerto un tono: quello di una festa che non è folclore, ma “incontro”, come ricordano anche le parole della brochure ufficiale, “sguardo nuovo sulla realtà”, un “tempo donato” per riconoscere nel volto di Antonio non un’icona, ma una direzione.
Domani, 13 giugno, memoria liturgica del Santo, la festa entra nel vivo. Tre le celebrazioni previste, tra cui il Solenne Pontificale delle 18:30 presieduto dal cardinale Ángel Fernández Artime, con la distribuzione del pane benedetto. In serata, il concerto di Igor Minerva chiuderà la giornata tra musica e piazza. Ma all’orizzonte si prepara già il grande corteo della devozione popolare: la Processione dei Ceri, prevista il 29 giugno, che attraverserà le vie della città, anche se inceppata dai cantieri, come un’unica preghiera in cammino.
Per ora, a Rieti, si è accesa una luce. Che non abbaglia, ma guida.