Chiesa

Giornata di amicizia e studio tra ebrei e cattolici contro ogni pregiudizio

Viene celebrata oggi in tutte le diocesi italiane la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, contro i pregiudizi, l’indifferenza e l’ignoranza. Intervista al vescovo Ambrogio Spreafico e al rabbino Giuseppe Momigliano

Un evento di grande rilevanza culturale ed insieme di speranza perché l’amicizia tra le comunità cattoliche ed ebraiche in Italia possa sempre crescere nella conoscenza e nella fiducia reciproca. Si celebra oggi con un giorno di anticipo – poiché la data del 17 cade di  venerdì – la Giornata di approfondimento e sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, giunta alla XXXI edizione. Tante le iniziative in programma nelle diocesi italiane per rinsaldare i rapporti tra i fedeli delle due religioni, offrendo occasioni di raffronti teologici, pastorali, culturali ed anche stimolando il dibattitto su prospettive e nodi irrisolti nel dialogo tra cattolici ed ebrei, a 55 anni, il prossimo 28 ottobre, dalla Dichiarazione conciliare Nostra Aetate.

La Giornata 2020 propone alla riflessione il “Cantico dei Cantici”, testo sacro della Bibbia ebraica, tratto dalle cinque Meghillôt, di cui sono stati già approfonditi negli anni passati il libro di Ruth, le Lamentazioni ed il libro di Ester. Qual è dunque il percorso di questa scelta? Lo spiega monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, promotrice della Giornata.

R. – Abbiamo fatto questa scelta concordata con il rabbino Riccardo Di Segni proprio perché le Meghillôt, questi cinque libri sono utilizzati nelle comunità ebraiche in occasione di alcune feste particolari e quindi abbiamo pensato, dopo avere riflettuto sui Salmi, di prendere in esame queste feste perché ci sembrava fossero un motivo per ragionare insieme su questi testi e quindi un modo per entrare di più anche noi come cattolici all’interno della liturgia ebraica, delle feste ebraiche e anche della tradizione religiosa e storica dell’Ebraismo.

A che punto è l’amicizia tra i fedeli di queste due religioni e quanto sono ancora vivi invece sentimenti di antisemitismo?

R. – Io distinguerei i due piani. Dal punto di vista – potremmo dire – delle gerarchie, dei vescovi, della Santa Sede, dei rabbini, del Gran Rabbinato d’Israele c’è ormai un percorso di mutua conoscenza e di approfondimento di alcune tematiche comuni, che va avanti da decenni ormai e quindi da questo punto di vista anche i documenti della nostra Chiesa hanno fatto un percorso molto lineare e molto bello di approfondimento del legame che esiste tra Cristianesimo ed Ebraismo. Ricordiamoci sempre che Pio XI, in un tempo molto difficile, ebbe a dire che noi siamo spiritualmente semiti.  Ma dal punto di vista – devo dire – del popolo di Dio, delle nostre comunità, delle nostre Chiese c’è ancora molto da fare. Ci sono tentativi molto belli di amicizia ebraico-cristiana, ci sono gruppi che riflettono su questo, penso anche alla Comunità di Sant’Egidio, al lavoro che ha fatto negli anni di relazione con l’Ebraismo a Roma e in tante città del mondo ma d’altra parte c’è ancora molta ignoranza, molta – in un certo senso direi – distanza, che favorisce purtroppo pregiudizi e – devo dire – ancora antisemitismo, cioè quell’atteggiamento pregiudiziale che porta facilmente a giudizi, a espressioni, a slogan, a tweet, a frasi scritte on line che mostrano come sia radicata ancora una mentalità troppo lontana e troppo pregiudiziale nei confronti dell’Ebraismo.

Lei scrive nell’introduzione al sussidio, che è stato preparato per la giornata con diversi commenti critici al Cantico dei Cantici, che l’ebraismo non è qualcosa del passato ma è qualcosa di oggi.

R. – Esattamente, noi siamo abituati a pensare l’Ebraismo come una realtà del passato,  noi cattolici – tipicamente – pensiamo all’ebraismo come al Vecchio Testamento, già in questo c’è un giudizio di qualcosa di superato, cosa che non è. Poi pensando al passato, direi che le persone più sensibili si mettono di fronte alla seconda Guerra mondiale, alla Shoah e quindi capiscono anche la sofferenza di questo popolo, che è emersa in modo tragico soprattutto nel secolo scorso ma non ci rendiamo conto che l’Ebraismo è fatto di comunità viventi, tra noi, in Europa, in tante parti del mondo, penso anche alle comunità in Israele, cioè l’Ebraismo è qualcosa di oggi, vive in mezzo a noi e gli ebrei in Italia sono cittadini italiani, in Francia sono cittadini francesi, cioè non sono altro da noi, sono altro nel senso che vivono un’esperienza di fede, un’esperienza religiosa e culturale che ha una sua peculiarità ma sono in mezzo a noi quindi fanno parte della nostra vita quotidiana, in questo dovrebbe crescere anche una relazione maggiore, una conoscenza maggiore.

Capire, dunque, che ci dobbiamo arricchire di quest’amicizia…

R. – Sì, ricordiamoci sempre che la differenza se diventa un motivo di separazione e di inimicizia è un brutto segno per la nostra società e per il mondo. La differenza è una ricchezza e noi dobbiamo riscoprire nella differenza di ognuno la ricchezza di ognuno che può contribuire a costruire in un Paese, in una città, in un luogo, in un continente come l’Europa una cultura che renda possibile la convivenza pacifica gli uni con gli altri e non gli uni contro gli altri.

Il “Cantico dei Cantici” riporta la storia di due innamorati, un testo sacro i cui contenuti interpellano in generale la condizione umana, come ci conferma il dottor Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova.

R. – Questo è un testo molto particolare e suggestivo, che ha una grande forza poetica. Nella tradizione ebraica viene letto soprattutto attraverso una chiave allegorica, quindi l’espressione dell’amore, la ricerca che viene esposta nel corso del testo, i due amanti che si ricercano con un sentimento che ha fasi alterne, nella lettura tradizionale ebraica rispecchiano la ricerca e il rapporto di amore, in senso particolare tra il Signore Dio e il popolo di Israele, in senso universale è l’uomo, è l’animo dell’uomo che si rivolge a Dio e lo ricerca e Dio anche che cerca questo sentimento da parte dell’uomo. Quindi è un tema che ha suggestioni assolutamente universali, cioè tocca una sensibilità e anche rispecchia per certi aspetti la storia del popolo di Israele però si richiama ad un sentimento universale nel quale l’uomo cerca, attraverso Dio, di dare un senso più profondo alla propria vita.

Quanto è importante questo riflettere insieme su testi sacri per rinsaldare l’amicizia e la conoscenza e il rispetto reciproco che è lo scopo di questa Giornata?

R. – E’ interessante perché ci si confronta e quindi si conoscono tanto le prospettive comuni quanto i punti diversi, anche gli approcci diversi. Chiaramente la lettura ebraica è particolarmente influenzata dall’interpretazione rabbinica, quindi queste varie spiegazioni allegoriche sono il frutto del pensiero che i rabbini hanno espresso su questo testo. L’approccio cristiano ha anche altri metodi di interpretazione dei testi biblici, quindi è interessante confrontarsi, e questo crea un clima positivo e certamente pone degli interrogativi sui limiti, sui confini del dialogo interreligioso basato sull’analisi, sullo studio dei testi e anche apre altre prospettive del dialogo, che riguardino l’impegno su temi di grande attenzione per l’umanità, l’impegno sociale, il rapporto con l’ambiente, la natura; quindi è importante proseguire su questo ambito di studi biblici senza però rinunciare ad altre prospettive del dialogo.

Questa giornata 2020 cade in un momento in cui il tema dell’antisemitismo si è riaffacciato nel dibattito pubblico in Italia. Lei crede sia giusto da parte della politica e dei media lanciare un allarme o si rischia di ampliare l’eco di espressioni assolutamente minoritarie di persone squilibrate, che si esprimono soprattutto sulla rete?

R. – Io penso che sia giusto perché l’antisemitismo ha delle radici secolari millenarie e corrisponde da un lato a presupposti di ignoranza, pregiudizi e dall’altro di malessere rispetto a problemi reali o percepiti da una parte della popolazione. Le manifestazioni di antisemitismo sono sintomi preoccupanti che devono essere assolutamente presi in considerazione e, secondo me, richiamare l’attenzione della società su questi fatti è assolutamente necessario.

Tanto più iniziative come questa Giornata possono servire a dare il giusto senso di un percorso di assoluta amicizia e fraternità, che deve correre fra fedeli di diverse religioni…

R. – Sì sia nei rapporti tra la Chiesa e l’Ebraismo sia in generale sul ruolo che le religioni possono avere sui grandi problemi dell’umanità. Queste Giornate di incontro sono importanti ed è giusto che da parte dei mezzi di informazione si dia attenzione a questi eventi.

Da Vatican News