Te Deum

Generosi e generativi come una madre: lo sguardo di Maria illumina di speranza il mondo

È l’augurio di un nuovo anno aperto alla speranza quello rivolto dal vescovo a quanti si sono ritrovati in Cattedrale per la celebrazione dei primi vespri nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio

È l’augurio di un nuovo anno aperto alla speranza e generativo quello rivolto dal vescovo a quanti si sono ritrovati in Cattedrale per la celebrazione dei primi vespri con la preghiera del Te Deum nella solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Nel ringraziare il Signore per l’anno appena trascorso, mons Pompili ha ricordato che l’essere «nato da donna» è il modo in cui Dio entra nel mondo, condividendo con l’umanità il bisogno di di cure, di attenzioni, di tenerezza, di amore.

Sulla terra, Dio «non gode un’esistenza migliore della nostra, non gli fu assicurato alcun privilegio, ma ogni parte del nostro destino: fame, stanchezza, ostilità, angoscia di dover perire, e morte miseranda», ha ricordato don Domenico con le parole del teologo Karl Rahner. Inevitabilmente si affacciano alla mente i disagi della pandemia, destinata a essere l’indesiderato segno di continuità tra il vecchio e il nuovo anno, ma anche la forza dell’incarnazione, che rovescia la prospettiva perché «l’infinità di Dio è penetrata nell’angustia umana, la beatitudine ha assunto la tristezza mortale della terra, la vita ha accolto in sé la morte».

Sono i pensieri che si provano sostando in silenzio davanti al presepe e pensando a quelli esposti nel Salone Papale il vescovo ha concentrato lo sguardo su una notevole statua in terracotta proveniente da Accumoli. È una Madonna lactans, che allatta il Bambino e «La cosa che colpisce – ha detto mons Pompili – è che il seno della madre quasi scompare, a beneficio del Piccolo che si impone per la sua bellezza e per la sua naturalezza».

Un’immagine potente per come mostra che dalla donna nasce Cristo e insieme suggerisce che allo stesso modo, grazie alla Chiesa, Gesù può nascere o ri-nascere nell’anima della gente. «Ciò che conta è che la Chiesa non si metta davanti a Cristo, non lo nasconda, o peggio, lo elimini; ma come il seno che si lascia avvicinare sappia nutrire e far crescere i suoi figli e le sue figlie. Per questa ragione non ci serve una Chiesa auto-referenziale, distante e ripiegata su di sé, ma si richiede una Chiesa libera, gioiosa e disponibile».

La stessa speranza si può coltivare per il territorio, che «può diventare meno polveroso se non si chiude a riccio, non difende posizioni di rendita, ma si apre al nuovo e all’incontro con gli altri, provando ad essere più ospitale ed accogliente». Si trova la speranza se ci si lascia attrarre dallo sguardo di Maria e da lei si impara a essere generosi e dunque generativi. Come le mamme raccontate da Gesù al piccolo protagonista del film Marcellino pane e vino, che «Danno, sempre danno». Danno tutto: «sé stesse, la vita e la luce degli occhi ai figli».