Furlan: «Dalla mia Cisl guerra senza confini alla corruzione»

Annamaria Furlan, nominata segretario generale aggiunto, ribadisce “l’attenzione valoriale per l’insegnamento della Chiesa, per la sua modernità e lungimiranza”. La necessità del contributo sindacale alla svolta riformista del Paese e l’impegno per i giovani: “Snidare tutto ciò che è precarietà e lavoro subordinato mistificato con altre tipologie contrattuali. È il modo migliore per tutelare i giovani”.

Per la prima volta ai vertici della Cisl arriva una donna. Annamaria Furlan, 56 anni, genovese, una lunga carriera nei postetelegrafonici liguri, nei giorni scorsi è stata nominata segretario generale aggiunto, in pratica la “numero due” accanto a Raffaele Bonanni. Dal 2002 è stata segretario confederale della Cisl per il settore terziario e servizi.

Una bella soddisfazione, per lei, partire dal territorio e arrivare fino al livello nazionale: cosa porta con sé del suo impegno di base a Genova?

“Il mio percorso sindacale è iniziato come delegata sul posto di lavoro, a 22 anni, ed è stato sicuramente il momento che mi ha creato l’entusiasmo. Credo che i valori che mi avevano fatto scegliere di adoperarmi nel sindacato allora, sono esattamente quelli che ogni giorno mi accompagnano. L’entusiasmo iniziale lo conservo anche oggi. Il senso di responsabilità naturalmente è maggiore”.

Il segretario generale Bonanni alla sua nomina ha detto che lei rappresenta una “garanzia di una continuità”. Cosa direbbe agli iscritti Cisl per spiegarlo?

“A ogni iscritto direi di sentirsi orgoglioso di essere insieme con quasi 4,5 milioni di iscritti in un’organizzazione sindacale che ogni giorno mette al centro la persona e la sua dignità del lavoro, fedeli ai nostri valori, alla assoluta autonomia del sindacato e al suo impegno per la solidarietà, termine quasi dimenticato dalla nostra società. Le due parole-chiave mi sembrano autonomia e solidarietà, il patrimonio morale della Cisl”.

Chi si iscrive alla Cisl oggi e chi eventualmente l’abbandona?

“Iscriversi a un sindacato significa fare la scelta di stare insieme, di sentirsi meno soli davanti a tanti problemi, sentirsi parte di una comunità che tutela la dignità del lavoro. Ci si può anche dimettere dal sindacato e dalla Cisl. Siamo un Paese libero”.

Che cosa rappresenta oggi il settore terziario?

“Non c’è dubbio che nell’economia globale sono avvenuti forti cambiamenti così che i settori del lavoro che prima dicevamo ‘primario’, ‘secondario’ e ‘terziario’ oggi sono molto più intrecciati. L’Italia è un Paese che, per tornare a crescere, ha bisogno assoluto di rilanciarsi in tutti i settori, dall’industria in cui eccelle in numerose produzioni, all’agricoltura con la sua ricchezza e varietà di prodotti alimentari, ai servizi sempre più articolati e indispensabili per la crescita”.

Cosa può fare un sindacato per essere artefice di iniziative socialmente rilevanti?

“Io penso che il sindacato oggi possa e debba essere elemento forte di cambiamento e di riforme. È sotto gli occhi di tutti che abbiamo bisogno non solo delle ‘riforme istituzionali’, ma anche di un fisco più equo e amico del lavoro, di innovazione e ricerca per creare un sistema competitivo e di qualità. Abbiamo bisogno di una riforma dei sistemi previdenziali, perché dopo la riforma Fornero abbiamo scoperto il dramma degli ‘esodati’. Sono tanti i frutti amari che ci portiamo appresso con la crisi. È il momento di fare qualcosa di profondo e sostanziale”.

Cosa pensa della pubblica amministrazione, che molti ritengono esorbitante e inefficiente?

“Il Governo ha presentato un suo testo. Sicuramente qualcosa di importante si sta facendo per la sua modernizzazione. Ritengo assolutamente giusto il taglio ai tanti dirigenti pubblici, visto il rapporto esorbitante tra addetti e gli stessi dirigenti. Ma per fare una vera riforma bisogna iniziare una guerra senza confini alla corruzione, che purtroppo si è annidata negli stessi gangli dello Stato. Basterebbe partire dalla riduzione delle stazioni appaltanti: da noi sono 30mila e in Francia neanche 100”.

Fino a pochi anni fa la Cisl veniva definita il “sindacato bianco”, in alternativa alla Cgil che era quello “rosso”. Si diceva anche che era “cattolica”. Queste definizione hanno ancora senso oggi?

“La Cisl è un sindacato laico, da quando è nata. Ma la Cisl ha sempre messo al centro della sua azione i valori che sono propri anche della dottrina sociale della Chiesa. Non è un mistero per nessuno la nostra attenzione valoriale per questo insegnamento della Chiesa, per la sua modernità e lungimiranza”.

È vero che il sindacato – quindi anche la Cisl – difende solo i “tutelati” e si disinteressa di fatto dei milioni di precari, di partite Iva, di esodati ecc.?

“Non c’è dubbio che dobbiamo prestare molta attenzione, più di quello che abbiamo fatto, per i giovani, perché molti di loro oggi sono disperati. Stare dalla parte dei giovani secondo noi vuol dire combattere con forza le false cocopro, le false partite Iva, le false collaborazioni, che sono centinaia di migliaia nel nostro Paese e che nascondono un lavoro sotto tutelato. Occorre andare a snidare tutto ciò che è precarietà e lavoro subordinato mistificato con altre tipologie contrattuali. Questo impegno mi pare il modo migliore per tutelare i giovani che, in gran parte, oggi hanno contratti di questo tipo”.