Funerali da Ring

Ha destato un certo clamore la notizia apparsa sulla stampa locale di un Funerale finito a cazzotti in una chiesa della diocesi di Rieti.

L’amica della defunta riceve in articulo mortis una confidenza che viene prontamente rivelata al termine del rito funebre; ciò provoca la reazione del marito e dei figli della defunta che scatenano un’aggressione con insulti, minacce e percosse.

Il celebrante telefona ai Carabinieri. Scattano le denunce. Sembra un film, ma la realtà ha ormai superato da tempo e di gran lunga l’immaginazione e la finzione cinematografica.

La garanzia di un ordinato e corretto svolgimento dei riti è che non vi siano improvvisazioni e che non si dia in alcun modo spazio a interventi estemporanei per ricordare cose che addirittura sono riservate.

I momenti critici del Funus sono due: l’omelia e i ricordi finali di amici, parenti e conoscenti. La prima deve essere improntata ad un sobrio stile di commento ai testi della Scrittura, possibilmente senza riferimenti al defunto; i ricordi finali devono essere scritti e controllati dal celebrante prima dell’inizio del rito.

I pareri di insigni liturgisti, vista la bagarre che si crea ogni volta, restano opinioni personali che non hanno niente a che vedere con le norme da rispettare e con la realtà effettuale.

Gli scandali sono da evitare, perché così si delegittima ogni autorità e ogni rito.

I moribondi sono cortesemente pregati di rilasciare informazioni riservate sulla loro vita, e magari sulle scappatelle e i tradimenti che pure capitano, esclusivamente al sacerdote in confessione che ha l’obbligo del segreto sotto pena di scomunica e che – non sembri secondario – ha il potere di assolvere.

Tutto il resto è noia, no, non ho detto gioia, ho detto noia, come dice la canzone.