Forconi, verso l’assalto ai forni?

È partita il 9 dicembre la protesta di agricoltori, disoccupati, falliti, disabili, laureati senza futuro e movimenti legati al Coordinamento dei Forconi che ha creato innumerevoli disagi in tutta Italia per manifestare contro il Governo e contro la casta politica.

La situazione è tremendamente complicata. Ed è in apparente trasformazione: Renzi è diventato segretario del Pd e sembra aver avviato la rottamazione della vecchia classe dirigente, il Centro Destra s’è spaccato in due, la Corte Costituzionale ha spazzato via il “Porcellum” e sulle strade si fa sentire la protesta dei “Forconi” e degli altri disperati.

Chi prova a capirci qualcosa rischia di perderci la testa. Noi azzardiamo un’ipotesi. Questo disordine potrebbe avere a che fare con una crisi delle forme della rappresentanza.

C’entrano la corruzione e la condotta spregiudicata della classe dirigente? Sì, ma non bastano a spiegare la situazione. In fondo, certe ruberie c’erano anche prima. Ad essere entrati i crisi sembrano essere proprio i partiti, i sindacati, i “corpi intermedi” in quanto tali. E senza questi punti di riferimento tutto risulta più debole e provvisorio.

Infatti al giorno d’oggi trionfano certe inedite “associazioni temporanee di scopo”. Il movimento civico, il partito leggero, il collettivo improvvisato: sono altrettante risposte al tracollo dei partiti ideologici e delle altre organizzazioni collettive. Si tratta di tentativi lodevoli, ma che alla lunga non risolvono i problemi.

Il più fastidioso si riconosce negli ingiustificati privilegi della “casta”. Che però non sono una causa, ma un sintomo. Sono il tratto emergente di un malessere più profondo. Un altro segno d’insoddisfazione, meno pittoresco ma altrettanto in vista, si coglie nella costante richiesta di democrazia diretta.

Il successo degli ultimi referendum, il bisogno delle consulte comunali e il fascino che l’utopia del voto elettronico esercita su tanti, stanno lì a dimostrarlo. Il tracollo della forma partito farà dunque piacere ad un bel po’ di persone. Ma non per questo il passaggio è privo di problemi. Se non altro perché ancora non si capisce dove stiamo andando.

I disagi si aggravano o emergono in forma inedita. L’iniziativa dei Forconi, ad esempio, fa pensare. C’è un popolo umiliato e affamato che reclama la sua parte di benessere. Vuole sollevarsi dal giogo di uno Stato iniquo che l’ha portato alla disperazione.

La protesta è molto forte e per fortuna sostanzialmente pacifica. Punta a far cadere il Governo, ma poi, dove si va? Una velina filoforcona arrivata in redazione dice la sua: il «popolo dei precari, dei senza futuro, di quelli che sperano il meglio», ottenute le dimissioni dell’attuale classe politica, dovrebbe puntare ad «un periodo transitorio in cui lo Stato sarà guidato da una commissione retta dalle Forze dell’ordine».

Poveri noi, come siamo messi male. Questi vanno in cerca della commissione militare. Un bel colpo di Stato è proprio quello che ci vuole! Giusto il tempo di provvedere alla «ristampa della lira» e alla «rescissione di tutti i trattati che ci vincolano con l’Europa delle banche». Poi si torna al voto.

Era così semplice, come non ci abbiamo pensato prima? All’Economia la Guardia di Finanza, alla Cultura i Carabinieri e alla Sanità la Polizia. La Forestale potrebbe commissariare le Comunità Montane. Gli Esteri andrebbero senz’altro alla Municipale!

Quante sciocchezze. Ma come hanno fatto queste brutte idee a tornare in circolazione? Possibile che siamo messi peggio dell’Egitto? Ovviamente no, e si può sperare che certe voglie siano minoritarie anche tra quanti hanno iniziato la protesta il 9 dicembre. Ma allora cosa significano queste sparate, di cosa sono sintomo?

Saranno mica le orfane maleducate della defunta mediazione collettiva? Un tempo le riforme necessarie, gli accordi sociali, i trattati internazionali li componevano i partiti.

Avevano una classe dirigente preparata, davano vita a centri studio, e grazie ad una dialettica costante tra il vertice la base, riuscivano a raccordare il bisogno della pagnotta con una visione del mondo più complessa e di lungo respiro.

Il venir meno di questi organismi può riportarci alla logica dell’assalto ai forni raccontato da Manzoni?

Il riemergere di una massa amorfa, senz’anima, brutalmente mossa dall’istinto di conservazione, è sempre in agguato. Poniamoci il problema: la folla non compie scelte razionali; solitamente è meschina e vogliosa di sangue.

Di conseguenza conviene interrogarsi sulle cause profonde della crisi e sul futuro della rappresentanza politica. Non darà un sollievo immediato, ma può aiutare ad elaborare soluzioni meno improvvisate ed equivocabili. Anche perché quello di una democrazia “oltre” i partiti, al momento, è un problema che rimane aperto.