Una folla commossa in Cattedrale per l’estremo saluto al giovane Andrea Balloni

Gremitissima la Cattedrale di Santa Maria per la liturgia funebre che ha radunato l’intera comunità reatina nel rendere l’estremo saluto al giovane Andrea Balloni, che un destino crudele ha strappato all’esistenza terrena, appena trentenne, all’alba della Domenica in Albis.

All’ingresso del feretro, sorretto dagli atleti del Rugby Rieti in divisa, il coro “Valle Santa”, di cui anche papà Chicco e mamma Stefania fanno parte, ha intonato il canto iniziale e dato avvio alla processione d’introito dei molti sacerdoti, oltre venti fra preti del clero diocesano e padri francescani (tra loro anche il provinciale dei Minori fra Luigi Recchia), che hanno concelebrato con il vescovo Domenico Pompili e con l’emerito di Viterbo Lorenzo Chiarinelli.

Dignitosa compostezza, sorretta da grande fede, per i genitori, come per il fratello Luca, la sorella Cecilia e i familiari in prima fila, che hanno ricevuto l’abbraccio commosso dei numerosi reatini presenti. A Stefania, col marito Chicco da anni in cammino coi terziari francescani della fraternità Ofs di Fonte Colombo, oltre che attivi nella mensa Santa Chiara (di cui lei è responsabile), il compito di proclamare la prima lettura e il salmo della Messa del giorno, cui è seguita da parte del diacono Giuseppe la proclamazione del Vangelo: il Vangelo dell’incontro notturno di Gesù con Nicodemo, che ha offerto lo spunto a monsignor Pompili per l’omelia in cui ha paragonato la notte di Nicodemo con la «notte fonda» che si sperimenta «per noi da ieri» che «rimaniamo confusi rispetto ad una tragedia che umanamente appare senza sbocchi».

Il «rinascere dall’alto» di cui parla Cristo nel brano giovanneo, il rinascere «in spirito» ci ricorda, ha detto il vescovo, «che la vita sotto il profilo della carne è limitata e irreversibile. Ma è altra cosa quando è ricondotta alla sua segreta identità. Se allarghiamo il nostro sguardo cambia tutto». E ha ricordato che, come gli è stato detto dalla mamma, l’orologio di Andrea «si è fermato alle 4.15, rotto dall’impatto. Ma proprio quell’attimo che lo ha reso immobile, per quanto disteso nella sua fisicità fresca e aggraziata, non è necessariamente la fine. Ce lo suggerisce l’istinto del nostro cuore che si ribella all’idea che sia tutto compromesso».

E la vita stessa di Andrea, con la sua grande passione per il rugby, «ce lo dice involontariamente»: sì, proprio la passione per quella palla ovale «da controllare, rimanendo sempre calmi, lucidi, riuscendo con tenacia, dedizione e umiltà a portarla oltre la linea di meta». Dunque, da parte di don Domenico, l’invito a immaginare Andrea in questo modo: «sgusciato via dalla mischia e correre a perdifiato verso la meta vera dell’esistenza». Come quel vento che, secondo le parole di Gesù, «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va».

«Sì, la vita è come il vento, non sai da dove viene e dove va, eppure il vento soffia ancora. Anche per Andrea. Da lui impariamo a vivere la vita, ad assaporarla ancora più intensamente, a non sprecarne neppure un istante. Per comprendere finalmente il senso della parole di Gesù: “Se non uno non nasce dall’alto non può vedere Dio”».

Terminata la celebrazione liturgica, un commosso saluto ad Andrea da parte del rappresentante dei giovani rugbysti e di Lorenzo a nome dei tanti amici.