“La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Notizie false e giornalismo di pace”. È il tema scelto da Papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra nel 2018. L’invito del Pontefice non è certamente rivolto a incentivare un’informazione buonista quanto piuttosto a riconoscere che, poiché “solo la verità rende liberi”, un primo passo importante può essere quello di riconoscere che il dilagare dei contenuti infondati assume l’andamento di una spirale che si alimenta di emozioni negative (paura, disprezzo, rabbia…) innescate dalla spettacolarizzazione del dramma e legittimate o rafforzate da un uso scorretto dei media.
Con la scelta del tema della 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2018 Papa Francesco ribadisce con grande forza, ancora una volta, l’urgenza di sollecitare una riflessione ampia e articolata su un fenomeno di interesse collettivo, al centro di un dibattito acceso e rilevante sul versante delle conseguenze pragmatiche della comunicazione: le fake news, informazioni infondate su fatti inesistenti, distorti, manipolati.
Per inquadrare il fenomeno e coglierne alcuni dei tratti salienti può essere utile ripartire dalla definizione del Cambridge Dictionary che definisce le fake news come: “False stories that appear to be news, spread on the internet or using other media, usually created to influence political views or as a joke”.
Questa definizione ci consente di individuare almeno tre caratteristiche distintive di questo genere di contenuti infondati.
In primo luogo emerge la natura mimetica delle fake news, vale a dire la capacità di sembrare vere pur essendo prive di fondamento. Si potrebbe dire che l’efficacia drammatica di questo genere di contenuti consista in primo luogo nel mascherare la propria falsità, nel sembrare plausibili per alcuni destinatari, agendo su uno sfondo di competenze, attese, pregiudizi radicati all’interno di cerchie sociali più o meno ampie.
In questo senso le fake news si rivelano contenuti particolarmente insidiosi, dotati di una capacità di presa e di tenuta purtroppo notevoli.
Il secondo aspetto determinante nella diffusione di questo fenomeno riguarda il ruolo dei social network nell’innesco e nella propagazione dei contenuti infondati. Se certamente i media conversazionali non possono essere considerati come la causa principale delle fake news (la disinformazione non è certamente un fenomeno recente o legato unicamente alla rete) innegabilmente le pratiche d’uso delle reti sociali e le logiche di visualizzazione dei contenuti (mirate a premiare la visibilità dei contenuti a scapito della loro autenticità) giocano un ruolo determinante nel funzionamento delle cosiddette echo chamber (camere dell’eco).
All’intero di queste “camere di risonanza” gli stessi contenuti vengono reiterati e amplificati a scapito della loro rilevanza, pertinenza, affidabilità, generando una spirale che, come alcuni studi recenti dimostrano, sembra resistere anche ai tentativi di debunking (svelamento e smentita della notizia falsa) fondati sul metodo scientifico.
In terzo luogo occorre rilevare come accanto a un utilizzo ludico delle notizie fake coesista e sia sempre più marcato un utilizzo manipolatorio di tipo politico, che consiste nel caricare queste bufale di una forza pragmatica potenzialmente drammatica che si manifesta in tutta la sua evidenza nelle forme di intolleranza e odio che ne alimentano la diffusione e che costituiscono una minaccia evidente alla democrazia.
La disinformazione pianificata infatti trova il suo fondamento nella costruzione dell’altro inteso come un nemico, nella demonizzazione della diversità, nella raffigurazione di una dicotomia “noi vs loro” insanabile, un’opposizione radicale che prefigura e fomenta il conflitto.
A partire da queste premesse è particolarmente significativa la scelta di Papa Francesco di accompagnare la riflessione sulla questione delle notizie false al tema del giornalismo di pace. L’invito del Pontefice non è certamente rivolto a incentivare un’informazione buonista quanto piuttosto a riconoscere che, poiché “solo la verità rende liberi”, un primo passo importante può essere quello di riconoscere che il dilagare dei contenuti infondati assume l’andamento di una spirale che si alimenta di emozioni negative (paura, disprezzo, rabbia…) innescate dalla spettacolarizzazione del dramma e legittimate o rafforzate da un uso scorretto dei media.
Di fronte a un fenomeno preoccupante per intensità, ampiezza e velocità di propagazione il valore dell’invito di Papa Francesco ai professionisti del giornalismo consiste dunque in primo luogo nel riconoscere che
la lotta alla disinformazione, fondandosi intrinsecamente sulla ricerca della verità, implica lo svelamento del pregiudizio, il superamento dello stereotipo, ponendo le basi per una relazione rinnovata con l’altro.