Donare, ma nello stile della condivisione con chi chiede aiuto

Alla vigilia della Giornata missionaria mondiale, don Michele Auturo, direttore nazionale di Missio, ricorda che l’Italia è uno dei Paesi che maggiormente contribuiscono alla colletta delle Pontificie Opere Missionarie. Così facendo si risponde anche alla “rivoluzione” di Papa Francesco che vuole una Chiesa in cammino verso le periferie.

“Missio è motore di animazione missionaria in Italia – spiega don Michele Autuoro, direttore nazionale di Missio -. Malgrado la perdurante crisi economica, l’Italia è uno dei Paesi che maggiormente contribuiscono alla colletta delle Pontificie Opere Missionarie. Missio, con tutta la rete dei Centri missionari diocesani, è impegnata a vivere la ‘rivoluzione’ portata da Papa Francesco che ci ricorda che siamo non solo una Chiesa che accoglie, ma che vuole portare la Buona Novella a tutti e condividere la gioia della fede. Vogliamo vivere una evangelizzazione, come ci insegna il Papa, fatta con le parole ma soprattutto con i gesti, con opere concrete a favore di coloro che sono nelle periferie, i poveri – i primi a cui è destinato l’annuncio del Regno – ma anche tutti coloro che hanno bisogno di aiuto per rialzarsi, per curare le ferite, per ritrovare la speranza”. Alla vigilia della Giornata missionaria mondiale, che verrà celebrata domani sul tema “Periferie, cuore della Missione”, riflettiamo con don Autuoro sull’attualità della missione e sui prossimi impegni della Fondazione Missio.

Don Autuoro, i giovani sono molto sensibili ai richiami alla solidarietà. Come guardano al lavoro dei missionari?
“I giovani sono disponibili più di quanto si possa credere, ne ho fatto esperienza negli incarichi precedenti alla direzione di Missio, come parroco, come direttore del Centro missionario della diocesi di Napoli. I giovani si lasciano coinvolgere in maniera generosa soprattutto di fronte a proposte di servizio e di attività concrete. Sì, la missione piace ai giovani, basta pensare all’esperienza del viaggio estivo organizzato da Missio (quest’anno in Madagascar). Sono esperienze che permettono d’incontrare altri mondi, religioni e culture, di arricchirsi in una full immersion che cambia le prospettive esistenziali di chi si mette in gioco e spesso torna cambiato. Perché è importante evangelizzare ma anche lasciarsi evangelizzare”.

A Sacrofano (20-23 novembre) si svolgerà il prossimo Convegno missionario nazionale. Dieci anni dopo quello di Montesilvano, come ci si prepara a questo importante appuntamento?
“L’immagine che abbiamo scelto per caratterizzare questo appuntamento, organizzato dall’Ufficio di cooperazione missionaria tra le Chiese, è l’icona biblica del profeta Giona che Dio manda verso la grande città Ninive. Le periferie sono anche la grande città dove si raccoglie ogni tipo di umanità e tutto ciò che deve essere evangelizzato, tutti i luoghi in cui abita, vive l’uomo. Tutti i luoghi che devono essere raggiunti dalla forza rinnovatrice del Vangelo”.

Che ruolo gioca la solidarietà all’interno della Giornata missionaria mondiale, un appuntamento in cui tutte le parrocchie mettono al centro della comunità l’importanza della missionarietà della Chiesa?
“È importante ricordarci della preghiera, ma anche della solidarietà per le giovani Chiese e per quanti sono nella necessità. Nelle prime comunità cristiane tutti mettevano i beni in comune per ridistribuire secondo i bisogni di ciascuno. Le offerte raccolte in Italia finiscono nel Fondo universale di solidarietà al quale contribuiscono tutte le Chiese del mondo, anche le più povere, grazie al quale vengono poi sostenute le diocesi che più ne hanno bisogno. È vero che in tempi di crisi si fatica a parlare di soldi, ma oggi c’è un nuovo stile di missione. In passato la missione si è basata molto sulla realizzazione di grandi opere, oggi invece appare più importante lo stile di condivisione. È un nuovo stile missionario che tiene conto delle tante necessità materiali che si incontrano tra la gente a cui si va per annunciare il Vangelo. Gesù in croce grida ‘ho sete’ e noi siamo sempre chiamati a dare risposta a quel grido di aiuto dei tanti crocifissi della storia”.