Dito puntato su BigG

Ancora una volta Strasburgo mette sotto accusa il monopolio di Google

Neppure 3 mesi fa, l’eurodeputato tedesco popolare Andreas Schwab e altri 14 colleghi di Strasburgo avevano fatto approvare al Parlamento UE una risoluzione contro Google (con la richiesta di separazione tra le attività di base dei motori di ricerca e il loro sfruttamento commerciale). Ora è ancora il Parlamento europeo a prendersela con BigG: la nuova relazione presentata a Strasburgo punta di nuovo il dito contro il monopolio del motore di ricerca.

Il nuovo documento ha lo stesso autore di quello del novembre scorso; Andreas Schwab, infatti, insieme alla collega Ramon Tremosa, ha redatto la relazione che ha prima avuto il via libera della Commissione economica e poi quello dell’Aula di Strasburgo. L’Europarlamento torna ad incalzare la Commissione affinché prenda le redini della situazione ed agisca “con urgenza”, gli eurodeputati chiedono “risultati tangibili” per porre fine al monopolio di Google nel Vecchio Continente (secondo i dati di ComScore in Europa Google controlla più del 90% del mercato del web search, contro il 75% degli Usa). Per il Parlamento Europeo, la CE non ha scelta “se vuole che la sua strategia sull’agenda digitale resti credibile”. Schwab e Tremosa attaccano a testa bassa: «da troppo tempo Google nuoce ai consumatori – dichiarano -, il nostro compito è fermare le pratiche sleali e ripristinare le condizioni di concorrenza».

Il riferimento è al procedimento Antitrust aperto ormai dal 2010 contro Mountain View. Due anni di indagine sono stati sufficienti alla Commissione per mettere un punto sulla vicenda ed ora il Parlamento scalpita: la sensazione è che si giri a vuoto senza mai giungere alla decisione finale. A maggio 2012 le indagini sono chiuse: l’accusa contro le policy di gestione dei risultati del motore di ricerca ed il connesso advertising (che prevedrebbero l’utilizzo di filtri per penalizzare alcuni risultati di ricerca, mettendoli troppo in basso in pagina o rimuovendoli del tutto) è confermata e tutto sembra avviarsi verso la conclusione. L’allora Commissario Ue alla Concorrenza Almunia, però, tenta la carta della mediazione e invita Google a presentare degli impegni. I negoziati non decollano e Almunia prova ad aumentare la pressione su Mountain View, ma l’azione è lenta. Le prime proposte blande sono sostituite (nell’aprile del 2013) da un vero e proprio pacchetto di impegni che in un primo momento sembrano soddisfare la Commissione. Arrivano, però, i commenti e le osservazioni dei concorrenti di Google (come è previsto dalla procedura antitrust europea) e Almunia si ricrede. Nel settembre scorso, Almunia spiega in un’intervista a Bloomberg TV che “sono stati introdotti nuovi argomenti, nuovi dati, nuove considerazioni; dobbiamo ora analizzarli e vedere se si può trovare una soluzione e se Google può allontanare preoccupazioni che troviamo giustificate”.

Passano i mesi, nulla si muove e per di più c’è l’avvicendamento alla Commissione Europea con l’ingresso, dopo le elezioni europee, dei nuovi Commissari. Tutto da rifare, o quasi. Il nuovo Commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, non ha ancora preso in mano il dossier (o almeno non pubblicamente) mentre il Commissario alla Digital Economy, Günther Oettinger, ha promesso che entro l’estate sarà presa una “decisione equilibrata” sul caso. Sul piatto ballano oltre 6 miliardi e mezzo: un’eventuale multa, infatti, può raggiungere fino al 10% del fatturato globale di Google.