Italia

Decreto sicurezza, il governo cancella le norme Salvini. Torna la «protezione umanitaria»

Dopo 13 mesi, si accelera e il Cdm vara un nuovo decreto con le modifiche ai due "decreti sicurezza". Altra novità: dare telefono cellulare a un detenuto diventa reato

Dopo mesi di tira e molla nella maggioranza, c’è voluta meno di un’ora nel Consiglio dei ministri di ieri sera per varare l’annunciato provvedimento che modifica i discussi decreti sicurezza salviniani. E, pare, senza particolari frizioni fra le delegazioni di Pd, Iv e Leu e quella a 5 stelle. Il testo del decreto-legge, frutto del gran lavoro del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, contiene una dozzina di articoli, in gran parte in materia di immigrazione, ma con una new entry: l’inasprimento delle pene per il reato di rissa, insieme daspo dai locali pubblici e di intrattenimento per chi sia stato denunciato o condannato per atti di violenza davanti a locali notturni. Si tratta della cosiddetta “norma Willy”, perché messa a punto dopo l’uccisione di Willy Duarte, il giovane ammazzato a calci e pugni a Colleferro. Innalza fino a 6 anni la reclusione per chi partecipato a una rissa (che causi feriti o vittime) con multe fino a 2mila euro.

Per i violenti, il questore può disporre un daspo (divieto d’accesso) a locali o esercizi pubblici: chi lo viola, rischia la reclusione fino a due anni e 20mila euro di multa. Inoltre, nell’ultima bozza erano inasprite le misure anti spaccio, con un Daspo anche per chi vende droghe davanti a pub e discoteche e una black list di siti da inibire per contrastare il traffico di stupefacenti via web. Introdotto poi, su iniziativa del Guardasigilli Alfonso Bonafede, il reato per chi fa arrivare un cellulare in carcere a un detenuto: la pena va da 1 a 4 anni sia per chi lo introduce sia per chi lo riceve.

Il grosso resta comunque il pacchetto immigrazione. Basta con gli slogan tipo “porti chiusi” o “porti aperti”, è il pensiero del premier Giuseppe Conte, che pensa alla «sicurezza della popolazione», ma anche a riconoscere ai migranti «diritti fondamentali delle persone». Concetti ribaditi dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che ieri pomeriggio aveva inviato un avvertimento last minute al M5s, “reo” di aver traccheggiato a lungo sui ritocchi: dal Cdm «mi aspetto di dare all’Italia decreti che anche sul tema immigrazione garantiscano legalità, solidarietà, umanità, giustizia – aveva detto il leader dem –. Non si rimandino indietro persone che nel proprio Paese rischiano la loro vita; si rispetti la lettera del capo dello Stato; si restituisca sostegno ai Comuni».

Nel merito delle norme, c’è la reintroduzione di forme di protezione umanitaria (ristretta a pochi casi dai decreti salviniani del 2019), come «protezione speciale» garantita a coloro che nel proprio Paese rischierebbero «trattamenti inumani o degradanti». Inoltre, nella riforma c’è la convertibilità di alcuni tipi di permesso di soggiorno in permessi per motivi di lavoro: oltre a quelli «per protezione speciale», ci sono quelli «per calamità, per residenza elettiva, per acquisto cittadinanza o apolidia, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza minori». Ancora, per le navi di chi effettua salvataggi in mare, vengono cancellate le sanzioni amministrative e la confisca della nave, a patto che gli equipaggi informino, per ogni salvataggio, le autorità italiane e quelle dello Stato di cui battono bandiera. In caso di mancato avviso e di inosservanza dei divieti, scatteranno le sanzioni penali.
A tarda sera, arrivano le prime manifestazioni di soddisfazione. «Abbiamo messo fine all’inciviltà dei decreti in-sicurezza di Salvini ripristinando condizioni di civiltà giuridica e giustizia sociale. Chiudiamo una pagina buia», ha commentato Teresa Bellanova, ministro delle Politiche agricole per Iv e, soprattutto, gran protagonista della battaglia per le modifiche. Ha esultato via Twitter Giuseppe Provenzano, ministro Pd per il Sud: «In Italia cade un muro. Ci abbiamo messo un po’, un po’ troppo, ma ora i cosiddetti decreti sicurezza di Salvini non esistono più. Anche le parole tornano al loro posto».
da avvenire.it