Il Datagate colpisce ancora

Denuncia di Twitter contro il governo federale: violata la libertà di parola

Il Datagate non smette di produrre effetti, l’archivio di Edward Snowden continua a mettere in imbarazzo la Casa Bianca. L’ultimo episodio in ordine di tempo è la denuncia presentata da Twitter presso la corte federale della California contro il governo federale: l’accusa è di violazione del primo emendamento, che tutela la libertà di parola e di espressione.

Lo scandalo Datagate diventa pubblico quasi un anno e mezzo fa quando, il 7 giugno, il Guardian rende pubblico il sistema di controllo massivo delle comunicazioni digitali in mano alla National Security Agency. Nome in codice PRISM: una maxi operazione di telecontrollo, iniziata nel 2007, costata 20 milioni di dollari all’Agenzia, che ha coinvolto tutti i big a stelle e strisce della Rete (da Microsoft a Yahoo!, passando per Facebook, Google, Apple e tutti gli altri). Con l’aiuto di backdoor, aperte sui rispettivi server da tutte le multinazionali coinvolte, la NSA ha accesso a tutti i messaggi email, chat, video, audio, dati binari, comunicazioni VoIP, file, notifiche di accesso del sospettato, report dell’attività sui social network ed altre, non meglio specificate, “richieste speciali”. A spifferare tutto è Edward Snowden. Ex analista dell’NSA, la gola profonda ha deciso di divulgare alla stampa tutto ciò che sapeva sul progetto PRISM perché non sopportava più il peso del segreto. Fuggito dagli USA, cerca asilo politico in Sudamerica, ma dopo le prime reazioni di favore, Venezuela e Nicaragua si fanno negare. Ci prova anche in Europa, ma riceve un no secco dai Paesi dell’eurozona e così passa diverse settimane (come Tom Hanks nel film Terminal di Spielberg) bloccato all’aeroporto internazionale di Mosca. Alla fine Putin decide di dare la sua protezione a Snowden, che, dal suo rifugio in una località segreta della Russia, continua a centellinare rivelazioni ai danni dell’amministrazione americana.

L’ultimo motivo di imbarazzo, però, non è opera di Snowden (o almeno non direttamente). Twitter ha deciso di denunciare il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per violazione del primo emendamento. “Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione, o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea, e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”. Così recita il primo emendamento della Costituzione degli USA che garantisce a tutti il diritto di libertà di parola e di espressione. Una libertà che, secondo la società fondata da Jack Dorsey, è violato dal Department of Justice: la normativa in vigore impedisce di divulgare informazioni (numero totale, motivazione, etc.) relative alle richieste (effettuate per motivi di sicurezza nazionale o di operazioni di intelligence all’estero) presentate dal Governo Obama per accedere ai dati degli utenti di Twitter.

Il social network dell’uccellino è sempre stato una spina nel fianco di Washington nella vicenda Datagate: dai documenti divulgati da Snowden emerge che Twitter è l’unica, tra le grandi .com, ad essersi opposta con forza alle richieste della NSA per difendere la privacy dei propri utenti. Quest’ultima mossa, però, è senza precedenti. “Crediamo di avere il diritto in base al primo emendamento di rispondere pienamente alle preoccupazioni dei nostri utenti, informandoli anche sullo scopo dei programmi di sorveglianza del governo”, afferma Ben Lee, vicepresidente per gli affari legali.