Dal Molise il Papa chiede lavoro per la dignità di tutti

Questo il filo conduttore degli incontri in una terra che vive il dramma della disoccupazione. Intere generazioni a rischio. Qui sta nascendo un modello per recuperare occupazione attraverso un “patto per il lavoro” come risorsa strategica che “sappia cogliere le opportunità offerte dalle normative nazionali ed europee”. Un forte incoraggiamento ai giovani per la solidarietà (“non è una parolaccia”).

Dal Molise, all’Italia, all’Europa. Lavoro e dignità, “cultura della solidarietà” per lottare contro la “piaga” della disoccupazione, che rischia di far sparire un’intera generazione di giovani. Papa Francesco ha scelto Campobasso per chiedere un “patto per il lavoro”, unendo la sua voce ai “tanti lavoratori e imprenditori di questo territorio”. Nel primo discorso, incontrando il mondo del lavoro nell’Aula magna dell’Università del Molise ha constatato che in questa Regione “si sta cercando di rispondere al dramma della disoccupazione mettendo insieme le forze in modo costruttivo”. Il Molise, dunque, modello e laboratorio, per recuperare posti di lavoro attraverso un “patto per il lavoro” come risorsa strategica che “sappia cogliere le opportunità offerte dalle normative nazionali ed europee”. “Vi incoraggio ad andare avanti su questa strada che può portare buoni frutti qui come anche in altre Regioni”, l’esortazione di Francesco, che poi a braccio ha indugiato sul concetto di “dignità”, associato al lavoro: “Il lavoro non è soltanto necessario per vivere. Il problema è il non portare il pane a casa, perché questo toglie la dignità”, ha esclamato tra gli applausi. La disoccupazione “è una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti”, e il Molise ha un “immenso bisogno” di lavoro, come ha ricordato anche l’arcivescovo di Campobasso-Bojano, monsignor Giancarlo Maria Bregantini. Il “filo rosso” del lavoro ha legato le tre tappe del quinto viaggio del Papa in Italia: Campobasso, Castelpetroso e Isernia.

Rompere gli schemi.

“Il nostro Dio è il Dio delle sorprese, il Dio che rompe gli schemi”. Papa Francesco ha iniziato con queste parole, pronunciate a braccio come gran parte del suo primo discorso, l’incontro con il mondo del lavoro nell’Aula magna dell’Università del Molise, a Campobasso. “E se noi non abbiamo mai il coraggio di rompere gli schemi – ha proseguito – mai andremo avanti, perché il nostro Dio ci spinge a questo, ad essere creativi sul futuro”.

La persona prima di tutto.

Anche nell’omelia della Messa nell’ex stadio Romagnoli il Papa è tornato sul tema del lavoro e sulla disoccupazione, “una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti”. “Quella del lavoro – ha ribadito – è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario. È necessario porre la dignità della persona umana al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Gli altri interessi, anche se legittimi, sono secondari”. Nel suo primo discorso in Molise il Papa ha affrontato anche la “questione della domenica lavorativa”, che “non interessa solo i credenti ma interessa tutti, come scelta etica”. “Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà”, la provocazione.

Non si può perdere una generazione di giovani.

“Non posso terminare senza parlare di un problema che vi riguarda da vicino: la disoccupazione”. Con queste parole il Papa ha introdotto la parte finale del discorso tenuto ai giovani a Castelpetroso, che ha concluso con un’ampia parentesi a braccio, tornando sul tema portante della visita in Molise: la questione del lavoro e la lotta alla disoccupazione. “È triste trovare giovani ‘né, né’”, ha detto il Papa parafrasando l’acronimo anglosassone “Neet”, che vuol dire “giovani che non studiano, perché non possono, né lavorano”. “Tutti noi dobbiamo vincere questa sfida”, ha proseguito: “Non possiamo rassegnarci a perdere tutta una generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro”. “Il lavoro ci dà dignità”, ha ripetuto ancora una volta Francesco, “e tutti noi dobbiamo fare tutto perché non si perda una generazione di giovani”. Di qui l’appello alla “nostra creatività, perché i giovani sentano la gioia della dignità che viene dal lavoro”. “Una generazione senza lavoro è una sconfitta futura per la patria e per l’umanità”, ha ammonito il Papa.

Solidarietà non è “parolaccia”, vita non è “labirinto”.

“I giovani hanno la capacità di essere solidali”. Eppure, “la solidarietà è una parola che non piace sentire al giorno d’oggi. Ma non è una parolaccia: è una parola cristiana per andare avanti e superare i problemi”. L’invito ai giovani è a essere “coraggiosi”, ad “andare avanti con coraggio e solidarietà”, con “coraggio e speranza”. Bisogna “camminare la vita, mai girare la vita”: perché “un giovane non può stare fermo”, e l’entusiasmo “è contagioso”. Il pericolo è la “provvisorietà”, che “non fa bene, perché ci fa venire la mente buia e il cuore freddo”. “Non si può bruciare la vita girando” come se si fosse “in un labirinto”, ha raccomandato il Papa ai giovani: “E quando finite in un labirinto, cercate il filo per uscire”.

Cristiani realisti, non “sognatori” o “illusi”.

“Non siamo dei sognatori degli illusi, né vogliamo creare oasi fuori dal mondo”. Prima di congedarsi dal Molise, Francesco ha tracciato un ritratto realista, ma anche profetico del cristiano. Aprendo ufficialmente l’Anno Giubilare Celestiniano, nella piazza della cattedrale d’Isernia, Francesco si è detto “colpito” da “un’idea forte” del suo predecessore, che come san Francesco pensava che “misericordia è profezia”, “progetto di vita” e fonte di “nuova cittadinanza”, sogno di un mondo in cui “i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità”. La misericordia “non è una fuga, non è un’evasione dalla realtà e dai suoi problemi, è la risposta che viene dal Vangelo: l’amore come forza di purificazione delle coscienze, forza di rinnovamento dei rapporti sociali, forza di progettazione per un’economia diversa, che pone al centro la persona, il lavoro, la famiglia, piuttosto che il denaro e il profitto”.