Terremoto 2016

Da Lecco ad Amatrice per tendere la mano e mettersi in ascolto

Cogliendo l’appello fatto dal vescovo Domenico Pompili in occasione della celebrazione delle cresime a Lecco, il gruppo di diciottenni dell’oratorio San Luigi è giunto nelle terre terremotate del Centro Italia per dare una mano

Cogliendo l’appello fatto dal vescovo Domenico in occasione della celebrazione delle cresime a Lecco, il gruppo di diciottenni dell’oratorio San Luigi della città lombarda, mosso da una straordinaria forza di solidarietà ed empatia, è giunto lo scorso lunedì nelle terre terremotate del Centro Italia, dove rimarrà per il resto della settimana per apportare un aiuto diretto alla popolazione.

I ragazzi, guidati da don Filippo Dotti, si sono messi subito a disposizione del Centro Caritas di Amatrice, dove gli operatori hanno illustrato il loro lavoro quotidiano a disposizione delle persone, volto all’ascolto al contatto diretto con le difficoltà di ogni giorno a seguito di un evento traumatico come il terremoto.

«All’inizio è stato difficile capire come avremmo riempito la giornata – spiega don Filippo – ci siamo subito resi conto che questo territorio, bellissimo dal punto di vista naturale, è caratterizzato da distanze molto importanti: senza automobile è, infatti, impossibile spostarsi. Questo cambia anche i rapporti umani, perciò gli operatori ci hanno proposto di fare un lavoro di raccordo volto a tessere con le persone una serie di reti e di rapporti che permettano di raccogliere e ascoltare».

Così i ragazzi, portando in dono ai residenti scatole di biscotti fatti in casa, si sono recati nelle casette SAE di Amatrice e dei comuni limitrofi, ascoltando i racconti di tutti. «Non c’è stato bisogno di guidarli, poiché hanno avuto la delicatezza di ascoltare senza interrompere, dimostrando apertura e disponibilità», dice l’operatore Costantino apprezzando l’operato dei giovani lombardi.

Dialogando direttamente con le persone si sono apprese storie e situazioni, difficoltà e punti di contatto, che hanno toccato in maniera indelebile i cuori di Giacomo e Carlotta, Matteo e Filippo e Martina.

«La frattura del terremoto, non ha spaccato solo le case», dice Filippo. «Se infatti in un primo momento l’emergenza è servita a creare una grande solidarietà, poco dopo, si sono subito create spaccature a livello sociale». L’impressione generale colta dai ragazzi è quella di assistere a una situazione variegata: da un lato, ci sono persone che sperano tanto nel futuro, dall’altra, coloro che purtroppo hanno perso la fiducia.

«Pensavo che dopo una crisi del genere la comunità si ritrovasse ad essere molto più unita – continua Filippo – invece, in alcuni casi, è stato assolutamente il contrario».

In questo panorama talvolta pessimista, c’è spazio tuttavia per storie di forza e coraggio, come quella di Roberto.

«Roberto è un ragazzo che ha perso tutta la sua famiglia nel sisma ma che è comunque riuscito ad andare avanti con coraggio», raccontano i ragazzi di Lecco. «Dopo essersi unito alla Caritas, oggi offre il suo aiuto a chi ne ha più bisogno. Da questa esperienza si percepisce la sensazione che proprio chi ha perso di più riesce ad avere più speranza, più energia da donare agli altri e la ferma volontà di rimanere in questi luoghi».

Certamente, tra la parole delle persone si percepisce l’amarezza per una ricostruzione troppo lenta. Molte testimonianze, come quella della signora Roberta di Accumoli, sono volte a mantenere viva la questione affinché non si spengano i riflettori su una situazione di crisi ancora consistente e non risolta.

Tuttavia, don Filippo ci tiene a sottolineare come l’accoglienza nei loro confronti non sia stata fredda, ma anzi molto calorosa. «La maggior parte delle volte, i più timidi siamo stati noi – sostiene – perché le persone hanno piacere a raccontare e, in questo senso, offrire i biscotti come segnale di ascolto ci ha aiutato molto. È bello udire quello che narrano e capire in che modo le persone affrontino queste situazioni».

E poi, emergono l’affetto, e la memoria di ciò che è stato. «Ci sono tante persone che non vivono stabilmente in queste zone, ma vengono ugualmente qui in vacanza perché sono tutti molto affezionati al posto e lo sentono parte di loro: si accontentano di alloggiare in una roulotte pur di tornare nei posti in cui hanno trascorso l’infanzia: elementi che ci hanno fatto ragionare su cosa significhi la parola casa. Un posto non solo dove dormi ma dove hai il cuore e che ti lega al territorio».

Riflessioni molto profonde sorgono anche direttamente dai ragazzi, provati da alcune immagini viste nei luoghi terremotati. Carlotta e Martina non dimenticano «la vista del cimitero, che sebbene curato, ci ha lasciato un senso di inquietudine». Un luogo che le persone non hanno lasciato deperire, ma lo hanno bensì rimesso insieme recuperando, magari, pezzi delle tombe precedenti.

«Quello che ci ha colpito di più è stato il fatto che alcune lapidi non avessero il nome ma la scritta ignoto. In questo modo – dicono le ragazze- abbiamo avuto la sensazione che si potesse perdere l’identità della persona realmente esistita, come se qualcosa fosse andato perso per sempre e ciò togliesse ai viventi anche la possibilità di ricordare».

Sorprende che queste osservazioni arrivino da ragazzi così giovani e stupisce ancora di più la sensibilità e l’umiltà che dimostrano nel raccontare quest’esperienza così particolare.

«Ascoltare i racconti delle persone con le quali abbiamo ormai abbiamo stretto confidenza, alcune volte ti fa sentire impotente. Li ascolto e penso di non poter riuscire a fare più di questo, ma sono contento che loro si sentano liberi di raccontare, anche se non è sempre semplice ascoltare eventi drammatici», dice Matteo.

Eppure, prosegue il giovane, «quest’avventura è stata un’iniezione di forza: a Lecco, non essendoci una crisi così importante, non ti accorgi di quanto tu sia fortunato, invece venendo qui e vedendo tante persone che non stanno bene, ti rendi conto di essere veramente favorito dalla sorte e porti a casa solo la voglia di onorare la felicità che possiedi. Per il futuro ci piacerebbe creare un legame: in questi luoghi c’è bisogno di creare un forte senso comunità, perciò vorremmo che questa esperienza non si esaurisca con una visita ma vorremmo ritornare, magari con altri gruppi, per far vedere e sentire la vicinanza di Lecco».

Un viaggio dai risvolti certamente positivi che ha portato benefici sia alle popolazioni terremotate, che a questi giovani ragazzi che porteranno sempre con loro il ricordo di aver sparso semi di felicità in un territorio che, altrimenti, rischia di inaridirsi. A loro va senza dubbio un pensiero di plauso e gratitudine.